Dalla cantina all'impresa edile| Il racket a tappeto di Borgetto - Live Sicilia

Dalla cantina all’impresa edile| Il racket a tappeto di Borgetto

Nicolò Salto, Giuseppe Giambrone e Giuseppe Toia

Dalle carte del blitz emerge il ruolo di spicco del boss Nicolò Salto. Le cimici ricostruiscono le estorsioni.

Blitz Kelevra - Le intercettazioni
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PALERMO – La mafia tra Borgetto e Partinico era di nuovo forte. Rimpinguava le proprie casse con il pizzo, gestiva i proventi delle estorsioni, intimidiva chi non abbassava la testa. E Nicolò Salto, dall’11 novembre del 2013, giorno della sua scarcerazione, era tornato ad imporre la propria presenza da “leader” sul territorio: lo storico esponente di Cosa nostra aveva subito ribadito il suo potere minacciando diversi imprenditori e sancendo una sorta di pax mafiosa con l’altro fronte della mafia di Borgetto, quello di Antonino Giambrone e dei fratelli Tommaso e Francesco. 

La sua posizione si era rafforzata proprio con l’arresto di Antonino Giambrone, avvenuto nell’operazione “Grande Mandamento”. A partire dal 2012, le intercettazioni dei carabinieri nell’ambito dell’operazione “Kelevra”  hanno fatto luce sugli affari della cosca, in cui Salto si avvaleva ormai dei boss dell’altro schieramento per la raccolta dei soldi delle estorsioni e per la pianificazione dei progetti della famiglia mafiosa.

Il sostegno “logistico” sarebbe invece stato fornito da Antonino Frisina, autista del boss Salto e tra gli arrestati del blitz antimafia. Le estorsioni venivano messe a segno a tappeto. Dalle aziende di calcestruzzo fino alle falegnamerie e alle attività di piccoli imprenditori. E non venivano risparmiate le case vinicole, presenti in quantità nella Sicilia occidentale e nel territorio dei boss Salto. E’ il caso di una estorsione di trentamila euro. 

Giuseppe Giambrone: la c’è quello del vino…già ci sono andato a casa…
Nicolò Salto: quando?
Giuseppe Giambrone: “Sono 30 mila euro. Allora apposto?
Salto: “Va bene, noi altri dobbiamo giocare bene…

Ma a “mettersi in regola” doveva essere anche un altro imprenditore che avrebbe dovuto eseguire dei nuovi lavori edili a Borgetto. In base a quanto intercettato dalle microspie dei carabinieri, l’uomo aveva chiesto a Giambrone chiarimenti sulla somma da sborsare: “..e quanto vi devo portare, chiedo scusa?..”
Giambrone: “Quelli giusti per noi altri….allora inizi a darmeli…aspetti a darli…..3000 al mese…e chiudiamo il mese
Imprenditore: “Giuro su mio figlio che li vedrete tutti…dammi il numero che a Partinico non ci passo….abbiamo detto….2300 euro li gonfio sugli acquisti…e mi impegno..”

A raccogliere i soldi dell’estorsione sarebbe stato Guseppe Toia, che li avrebbe poi consegnati a Salto. Giambrone, d’altronde, aveva già pianificato tutto e ribadito all’imprenditore che non si accettavano ritardi nel pagamento. “Non possiamo aspettare, vedi chi c’è…io, mio figlio e tre…”

L’imprenditore, a quel punto, ha riferito le modalità attraverso le quali avrebbe trovato i soldi, in particolare dalla maggiorazione delle spese effettuate sugli acquisti della merce da usare per i lavori, per i quali sollecitava l’autorizzazione del sindaco di Borgetto. “Mi viene di passata, vengo qua vi lascio i soldi…ed il responsabile sono io…tu li giri a Salto e vai avanti”.


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