PALERMO – Tutti in fila da Gaetano Scotto. Un boss in perenne movimento, così dicono gli investigatori della Dia alla luce dell’abitudine di Scotto, da ieri in carcere, di fissare i suoi appuntamenti in bar e negozi della borgata dell’Arenella.
Lo “stigghiolaro” che voleva piazzare la bancarella, il venditore di sigarette di contrabbando, il bibitaro, il fornitore di calcestruzzo, il negoziante di detersivi: in tanti si rivolgevano a Scotto per chiedergli il permesso di avviare un’attività abusiva o per intercedere presso qualcun altro.
Gli riconoscevano l’autorevolezza del capo. “C’è un picciotto che vuole mettere una putia? Non ci sono problemi”; “Lui sta facendo la pizzeria sul furgone… mi ha detto: sai sono andato in un posto, per mettermi là e mi hanno detto di andarmene che fa non conosci nessuno?”: sono alcune delle frasi intercettate.
Scotto regolava la vita della borgata. Al contempo, dopo la scarcerazione avvenuta nel 2016, si dava un gran da fare per accumulare soldi. Ci avrebbe provato cercando di imporre il pizzo alla società “Galati catering” o al pub “Orocolato” di via Marchese di Villabianca (nei nastri magnetici sono rimaste impresse le sue conversazione ma non la prova che i tentativi siano stati davvero fatti), oppure avviando nuove attività come il White Club, intestato al nipote Antonio Rossi, ma di cui sarebbe stato il dominus.
Il locale è finito sotto sequestro, mentre sono ancora in corso gli accertamenti per svelare gli interessi economici nel settore del pesce. Lo stesso Gaetano Scotto confidava al fratello Giacomo di avere comprato una barca in società con Bernardo, un pescatore della borgata. Sempre Scotto diceva di avere “acchiappato Bernardo e all’altro…per il pesce spada e mi danno un euro al chilo di quelli che se lo vengono a prendere”. Il pizzo sulla vendita del pesce. Altre volte accennava ad una “valigia nera”. Ne parlava spesso con i parenti. Forse conteneva soldi e gioielli, nascosti chissà dove.
A Gaetano Scotto si sarebbe rivolto anche un commerciante dell’Arenella, a sua volta coinvolto da altri nella ricerca di preferenze elettorali: “.. siccome ci sono due amici miei che ora vogliono una mano… sono di Brancaccio… i Federico e sono consiglieri comunali… mi ha detto me la devi fare una bella cosa? Ho parlato con lui, organizziamo una bella cosa… siccome li vogliono fare candidare qua nel quartiere… gli ho detto qualche amico ce l’ho.. me ne vado da Don Gaetano”.
Il candidato da aiutare viene identificato in Giuseppe Federico (che non risulta indagato), già consigliere comunale che alle elezioni del 2017 fu il primo dei non eletti in Forza Italia con 1389 voti.
Un paragrafo dell’ordinanza di custodia firmata dal giudice per le indagini preliminari Roberto Riggio su richiesta del procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dei sostituti Amelia Luise e Laura Siani riguarda i rapporti fra Scotto e “il politico Franco Mineo”, ex parlamentare di Grande Sud, creatura politica di Gianfranco Miccichè, e già coinvolto in inchieste giudiziarie, e da sempre collettore del voto nella borgata. Scotto e Mineo si conoscono da anni. Negli atti giudiziari si parla di un incontro fra i due lontano dalla Sicilia quando Scotto era latitante. Sembrerebbe che in quell’incontro si sarebbe parlato dell’incolumità di Mineo che temeva per qualcosa mai chiarita.
Nell’aprile del 2017 Scotto, la sorella e la nipote raccontavano di avere raccolto voti per Mineo che però non aveva mantenuto la promessa di stabilizzare la ragazza. Scotto e Mineo sono stati intercettati mentre discutevano di un bando che doveva sbloccarsi a breve e che doveva servire per aiutare una parente del politico. Anche il figlio di Mineo, Andrea, ha seguito la strada del padre e nel 2017 è diventato consigliere comunale per Forza Italia. Franco Mineo, che a Scotto confidava di avere buone sensazioni per l’elezione del figlio, oggi è capo della segreteria particolare dell’assessore all’agricoltura Edy Bandiera. Un incarico esterno nello staff di un uomo della giunta Musumeci.
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