Dallo "svizzero" al tipografo di Roma|Ecco il "network" di Messina Denaro - Live Sicilia

Dallo “svizzero” al tipografo di Roma|Ecco il “network” di Messina Denaro

Operazione "Golem"
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Così lontani, così vicini. Gli arresti di oggi fotografano una realtà da tanti anni sotto gli occhi di tutti. Ma l’operazione Golem, in questi anni di boss (presi e da prendere) forzatamente o volutamente ritirati e nascosti tra le zolle della “propria” terra, spazza una volta per tutte l’idea di una mafia del tutto autoctona. E ne certifica la sua valenza di moderno “network”, di struttura complessa e ampia. In grado di “esternalizzare” e muoversi perfettamente a proprio agio nella società dove tutto si globalizza.  E dove serve addirittura un “ambasciatore”, Franco Luppino, per parlare tra boss e aspiranti, fra trapanesi e palermitani, tra Messina Denaro e i Lo Piccolo. Perché  l’organizzazione è vasta. E guarda al di là del proprio “cortile”, verso i propri uomini disseminati lungo la Penisola.
Da uno svizzero residente a Piacenza, al cugino del boss radicato a Castelvetrano, passando per la Capitale, dove il “tipografo” di Messina Denaro Domenico Nardo da anni forniva documenti e passaporti falsi. I tredici arrestati di oggi, oltre a fare “terra bruciata” attorno all’ultimo boss latitante di Cosa nostra, spiegano anche come proprio la metafora della “terra bruciata” non regga più. L’operazione Golem, semmai, ha tagliato alcuni fili che reggono il paravento dietro il quale si nasconde Matteo Messina Denaro, che, dal canto suo, si dice pronto a “resistere” tra le sue zolle, nella sua terra, tra i suoi “amici” a cui non far mancare l’apporto. Ma, nello stesso tempo, non disdegna i frequenti viaggi all’estero. Per piacere o per lavoro. Al punto che gli inquirenti hanno parlato di legami del boss in “diversi Paesi europei ed extraeuropei, dove risultano essere presenti diversi soggetti in rapporti con Messina Denaro”
Le zolle non bastano, insomma. E la “linea della terra”, del resto, è già da tempo in movimento verso nord. Cosa nostra da tanti anni è già presente nella Capitale, luogo e occasione per fare “carte false” a uso e consumo dell’organizzazione. Un pò il mestiere di Domenico Nardo, dispensatore di passaporti e documenti, che, al di là della “carta falsa”, significano impunità e libertà.
“Sebbene condannato per aver favorito nel 1996 la latitanza del killer campobellese Raffaele Urso – spiegano gli inquirenti – Nardo, grazie al fatto di risiedere a Roma ha, negli anni, proseguito nell’attivita’ di sostegno riservatissimo alle attivita’ criminali della famiglia mafiosa di Campobello e, soprattutto, ai latitanti di quell’area. Nardo avrebbe fornito documenti falsi anche ad altri soggetti, tra cui l’altro killer campobellese Vincenzo Spezia che, nel 1995, proprio grazie a un passaporto falso si era potuto rifugiare in Venezuela”.
Il Sud America, partendo dal Trapanese e passando per i documenti falsi del tipografo della Capitale. Quattordici anni fa, come oggi.


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