Deborah, Jenny, Ida e Vanessa: la scia di sangue ai piedi dell'Etna - Live Sicilia

Deborah, Jenny, Ida e Vanessa: la scia di sangue ai piedi dell’Etna

Un anno terribile per una ferita chiamata femminicidio a cui però stiamo rischiando di abituarci fin troppo in fretta.

CATANIA – Alle falde dell’Etna continua a scorrere sangue di donna. Non lava, ma sangue. Il fenomeno del femminicidio, nonostante le tante campagne di sensibilizzazione, non si ferma. La morte di Deborah Pagano, uccisa dal marito Leonardo Fresta e ritrovata due giorni dopo esanime nella casa di Macchia di Giarre, spezza nuovamente il fiato. “Una sconfitta per tutti noi”, è il commento di due donne al vertice della Uil siciliana: Luisella Lionti ed Enza Meli. Parole che vanno dritte al bersaglio. Il problema è l’abitudine. Nel senso che non sono bastate le morti della piccola Laura Russo e di Giordana Di Stefano per porre un argine definitivo. 

Non è bastato neanche il lavoro svolto in questi anni da Vera Squadrito e Simona Zizzo, due madri che hanno vissuto una vicenda tanto innaturale da non conoscere neanche un corrispettivo sul dizionario. Hanno battuto piazze, inaugurato panchine rosse, parlato a chiunque. E, sopratutto, preso parte a infinite udienze in tribunale, ripercorrendo – quasi fosse un film dell’orrore – gli istanti della morte delle loro figlie. Una sofferenza nella sofferenza.

Quello appena vissuto è un anno orribile. Con femminicidi trasformati in esecuzioni pubbliche. Vanessa Zappalà, di Trecastagni, era una ragazza semplice. Una lavoratrice. Il suo dramma è stato quello di aver voluto bene a un uomo che non sapeva distinguere l’amore dall’ossessione. La notte del 22 agosto 2021 le ha sparato più volte mentre era in compagnia di amici sul lungomare di Aci Trezza. Una scena disumana. Il giorno dopo, il corpo dell’assassino è stato trovano impiccato in una casolare a Pedara. 

Si è suicidato anche Sebastiano Spampinato. Il trentenne che ha ucciso Giovanna ‘Jenni’ Cantarero tra le strade di Lineri, frazione popolosa di Misterbianco. Era il 10 dicembre 2021. Un omicidio alla fine del turno di lavoro, con una dinamica che rievocava ben altri fatti criminali. Dietro tutto, invece, c’era un sentimento malato, distruttivo. Oscuro.

La differenza con chi si toglie la vita è che chi resta dovrà essere giudicato. Il 13 ottobre prossimo inizierà il processo che vede alla sbarra Filippo Asero. Che ha ucciso la moglie Ada Rotini, a Bronte, con 40 coltellate mentre era in macchina l’8 settembre 2021. Un matrimonio naufragato velocemente. E una vita spezzata altrettanto in fretta, sotto la furia veloce di chi aveva probabilmente già premeditato quel finale che nessuno è riuscito a impedire.    


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