PALERMO – Lavori in corso nel cantiere del centrodestra siciliano. La fitta agenda del presidente della Regione Renato Schifani prevede una serie di incontri bilaterali per iniziare un’interlocuzione con i partiti della maggioranza.
Si inizia lunedì con la delegazione di Forza Italia (formata dalla truppa dei neo deputati e degli assessori uscenti). A Palazzo d’Orleans la musica è cambiata: il nuovo direttore d’orchestra darà spazio a partiti e Parlamento. La valutazione sarà successiva agli incontri con i gruppi: la road-map prevederà le interlocuzioni con i segretari regionali dei partiti della maggioranza come vuole il bon ton istituzionale.
“In politica la forma è sostanza”, sussurra un decano di Sala d’Ercole. Insomma, il metodo “Schifani” fa bene sperare le eminenze grigie della maggioranza. Lo schema di partenza sarà definito una volta stabilite “le quote” dei vari partiti, tuttavia la risoluzione del rebus necessiterà di tempi abbastanza lunghi. La nuova legge regionale, infatti, prevede che gli assessori giurino dopo l’insediamento del Parlamento che non dovrebbe arrivare prima del 4 novembre. I tempi si dilatano perché la proclamazione del presidente cammina con quella degli eletti (e il caos delle sezioni in stand by la dice lunga). Insomma, di tempo per trovare la quadra ce n’è, eccome. E allora meglio non farsi trovare impreparati. Sul tavolo c’è una certezza che consente di scremare l’elenco del toto-assessori: Schifani nominerà deputati regionali in carica. Un modo, dice chi lo conosce bene, “per riaffermare il primato della politica”.
Andiamo alle richieste dei partiti. Gli azzurri dovrebbero chiedere quattro assessorati, stessa richiesta che avanzeranno i meloniani (che nel fine settimana dovevano riunirsi con Ignazio La Russa, incontro poi rinviato last minute a data da destinarsi). Fratelli d’Italia chiederà anche la presidenza dell’Ars. “Nella scorsa legislatura Forza Italia aveva quattro assessori più il presidente: la nostra richiesta è legittima”, dice un dirigente meloniano a taccuini chiusi.
Più plausibile, tuttavia, lo schema che assegnerebbe tre assessorati a testa ad azzurri e patrioti, liberando due caselle per leghisti, popolari e autonomisti e cuffariani. Per lo scranno che fu di Miccichè la partita si gioca dentro Fratelli d’Italia e vede sostanzialmente in corsa Alessandro Aricò, Gaetano Galvagno, Giorgio Assenza e Giusi Savarino. Una rosa di nomi (alla quale aggiungere la messinese Elvira Amata) che potrebbe trovare spazio anche all’interno della squadra di governo. Il borsino azzurro, depennati i nomi degli esterni e dei tecnici, vede in pole position i pasdaran miccicheiani Michele Mancuso, Edy Tamajo e Nicola D’Agostino.
Restano in corsa l’uscente Marco Falcone, nemico giurato del coordinatore azzurro, e Bernadette Grasso. Più stretta la strada di Francesco Cascio finche Miccichè non scioglierà la riserva e deciderà se staccare o meno il biglietto per Roma (norma alla mano, i tempi sono abbastanza lunghi). Il borsino della Lega vede stabili i nomi di Luca Sammartino e Mimmo Turano, perderebbe quota, invece, con il criterio degli eletti, quello di Francesco Scoma. In casa Dc si ragiona su Nunzia Albano, potrebbe essere lei una delle quattro donne della futura giunta. Gli autonomisti, invece, potrebbero puntare le loro fiches su Luigi Genovese e Roberto Di Mauro. Quest’ultimo ai microfoni di Live Sicilia non si sbottona (soprattutto sul numero di caselle da occupare) e si limita dire: “Ci affidiamo alla saggezza del presidente della Regione che non a caso è stato la seconda carica dello stato e conosce il ruolo del Parlamento e il valore dei partiti”, dice sottolineando il cambio di paradigma rispetto al governatore uscente.