Di Pietro: "Speriamo | che non lo facciano ministro" - Live Sicilia

Di Pietro: “Speriamo | che non lo facciano ministro”

I nemici
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Antonio Di Pietro

“Anno più, anno meno, il fatto resta quello che è, ossia che Marcello Dell’Utri ha avuto rapporti penalmente rilevanti con la mafia. Speriamo che Berlusconi adesso non faccia ministro pure lui”. E’ il commento del Presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, alla condanna di Marcello dell’Utri a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa pronunciata della Corte di Appello di Palermo.

“La Corte di Appello di Palermo, conferma, dopo una lunga camera di consiglio, l’impianto accusatorio secondo cui il senatore Dell’Utri, braccio destro ed operativo di Silvio Berlusconi, ebbe contatti stabili, ossia per nulla occasionali, con Cosa Nostra sino al 1992, l’anno delle stragi. La sentenza non costituisce, peraltro alcuna smentita dell’attendibilità di Gaspare Spatuzza, in quanto, ai sensi dell’articolo 195 del codice di procedura penale, le dichiarazioni di Spatuzza avrebbbero potuto assumere il rango di prova solo se confermate dalle persone da cui aveva appreso il coinvolgimento di Dell’Utri e Berlusconi”. Commenta così la sentenza d’appello a Marcello Dell’Utri il capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Giustizia al Senato. “I due boss Graviano, non venendo meno al loro ruolo di irriducibili, non avevano confermato le dichiarazioni di Spatuzza, con la conseguenza di rendere non valutabile come prova le sue dichiarazioni. Questa sentenza, pur se ancora ovviamente non definitiva, getta una luce pesantemente sinistra sulla stessa nascita della nuova formazione politica di Forza Italia, la cui genesi è datata in Sicilia nel 1992. Dobbiamo a questo punto chiederci quali siano i contorni e lo spessore della pagina nera che inaugurò la seconda repubblica. Il futuro – conclude il senatore Li Gotti – potrà darci le risposte agli interrogativi che alla luce della sentenza odierna massicciamente inquietano”.

“Il tappo è saltato! Oggi, come non mai, i cittadini italiani hanno il diritto di sapere fino in fondo la verità sui rapporti tra politica, affari e mafia. I cittadini italiani hanno il diritto di sapere chi e quanti, dentro lo Stato e nella politica, con e oltre Marcello dell’Utri, hanno condizionato, e tentano ancora oggi di condizionare, la vita politica del nostro Paese”. Commenta così il portavoce nazionale dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando, la condanna di Marcello Dell’Utri. “L’Italia – aggiunge Orlando – non sarà mai un Paese libero e democratico fino a quando non verranno fatte verità e giustizia sulle stragi, sull’uso perverso dei partiti da parte della mafia e della mafia da parte dei partiti. Ripetiamo ancora una volta ‘basta’ a uno Stato che assume troppe volte il volto della mafia e a una mafia che assume troppe volte il volto dello Stato”.

“Non vedo come la sentenza della Corte d’Appello che ha condannato a sette anni di reclusione il senatore Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa possa in qualche modo gettare una ‘pietra tombale’ sulla presunta trattativa tra Stato e Cosa nostra. Le stragi del ’92 e del ’93 restano un grave buco nero della storia di questo paese. La verità su quanto accaduto allora va cercata con forza, ma in sedi che non sono solo quelle del processo a Dell’Utri”. Lo ha detto Rita Borsellino, commentando la sentenza della Corte d’Appello di Palermo. “Oggi dei giudici ci confermano che un senatore della Repubblica, nonché l’uomo chiave nella costruzione di Forza Italia, è stato per trent’anni, anche nel periodo delle stragi, in stretto contatto con i boss mafiosi, – ha aggiunto – fornendo persino protezione (come nel caso di Mangano) e contribuendo così con forza al mantenimento e al rafforzamento di Cosa nostra. Sono queste le fondamenta su cui è nata Forza Italia. E su queste fondamenta poggia ancora il Pdl, il principale partito della maggioranza di governo”. Per Borsellino: “Solo un paese con una democrazia atrofizzata può accettare a cuor leggero dei fatti di tale gravità. E solo una politica becera e collusa può festeggiare dinanzi a una sentenza del genere”.


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