CALTANISSETTA – Amedeo Bertone ha voluto mettere il suo ‘sigillo’ nel processo a carico dell’ex numero 1 di Confindustria Sicilia Antonello Montante. È stato il procuratore capo di Caltanissetta in persona a formulare le richieste di pena nei confronti dei sei imputati che hanno scelto il rito abbreviato. Corruzione, favoreggiamento, rivelazioni di segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico: queste le accuse, a vario titolo, a carico dell’imprenditore nisseno e di alcuni dei componenti della sua presunta “rete” di spionaggio e dossieraggio. Dieci anni e 6 mesi di reclusione la pena chiesta per Antonello Montante, agli arresti domiciliari e che oggi non ha partecipato all’udienza che si è svolta nell’aula bunker del Malaspina di Caltanissetta. Per Diego Di Simone Perricone, capo della security di Confindustria, chiesta la condanna a 7 anni, 1 mese e 10 giorni, per il sostituto commissario Marco De Angelis chiesti 6 anni, 11 mesi e 10 giorni, per Gianfranco Ardizzone, l’ex comandante provinciale della Gdf di Caltanissetta, 4 anni e 6 mesi, ed infine per il questore Andrea Grassi 2 anni e 8 mesi. È stata chiesta l’assoluzione per Alessandro Ferrara: il dirigente regionale prima della chiusura del processo ha ‘ritrattato’ e quindi la sua posizione, secondo le norme del codice di procedura penale, non è più punibile. Pene pesanti, quelle chieste, se si pensa che c’è la riduzione di un terzo per la scelta del rito alternativo. L’udienza è proseguita poi con le discussioni delle parti civili: molti hanno depositato una memoria, altri hanno deciso di parlare come l’avvocato Annalisa Petitto, che assiste l’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero (il principale accusatore, insieme a Marco Venturi, di Antonello Montante) e come l’avvocato Mirko La Martina, legale dell’imprenditore nisseno Di Vincenzo (una delle vittime designate del sistema Montante).
I due pm Maurizio Bonaccorso e Stefano Luciani, questa mattina, hanno analizzato pezzo per pezzo l’inchiesta Double Face che lo scorso anno ha portato all’arresto dell’imprenditore nisseno, per anni considerato il paladino dell’Antimafia. La figura di Montante è stata al centro dell’udienza di oggi: le ombre della sua ascesa imprenditoriale, le sue frequentazioni opache, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, le sue relazioni con i massimi vertici delle Forze dell’Ordine. Una rete di conoscenze e relazioni che gli avrebbe permesso di creare un doppio sistema: da una parte una sorta di “ufficio di informazione” per reperire notizie (anche di natura investigativa e penale) su amici e nemici e dall’altra invece ‘l’ufficio di collocamento’ per poter assicurare ‘carriere’ e ‘posti di lavoro’ a chi lo avrebbe aiutato nella sua presunta attività di ‘spionaggio e dossieraggio’. Ma in cambio dei favori, l’imprenditore nisseno avrebbe elargito anche viaggi e altri vantaggi personali. E poi c’è la ‘raccomandazione’ che si sarebbe elevata a sistema e che sarebbe diventata ‘lo strumento’ della presunta associazione a delinquere. Antonello Montante per “cooptare gli associati” avrebbe utilizzato, quindi, la ‘raccomandazione’. A tutti i livelli. L’imprenditore al suo servizio avrebbe avuto la “squadra”, di cui avrebbero fatto parte Di Simone e De Angelis. Poi c’era la ‘cordata’: politici e imprenditori che vivevano della luce riflessa di Montante. E che sarebbero entrati nel suo cerchio magico, fatto di corruzione e spionaggio. ‘Squadra’ e ‘cordata’ non sono termini coniati dagli investigatori. Sono gli stessi indagati, nelle intercettazioni, a “fornire” i nomi e i ruoli che ognuno avrebbe rivestito “nel sistema”.
Il processo riprenderà il prossimo 30 aprile: sarà il turno del collegio di difesa composto dagli avvocati Carlo Taormina, Giuseppe Panepinto, Marcello Montalbano, Giuseppe Dacquì, Monica Genovese, Cesare Placanica e Davide Anzalone. Calendario serratissimo: la sentenza arriverà entro il 10 maggio.
*Aggiornamento
“Oggi ci sono state le richieste dei pm di Caltanissetta nei confronti di Antonello Montante: 10 anni e sei mesi con rito abbreviato. Una richiesta che testimonia la gravità delle accuse nei confronti di quello che era definito il paladino dell’Antimafia. I magistrati di Caltanissetta hanno svolto un lavoro complesso e delicato anche perché Montante nella sua presunta rete di spionaggio ha coinvolto uomini dei servizi e non solo. È un processo importante che ha subito troppo silenzio invece di essere al centro del dibattito politico. Dal primo momento ho dedicato tempo ed attenzione a questo processo per impedire che venga messo tutto sotto il tappeto di un silenzio complice, come in altre occasioni si è tentato di fare”. Così Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare Antimafia.