La beffa subita al Tardini| impone ai rosa un'impresa - Live Sicilia

La beffa subita al Tardini| impone ai rosa un’impresa

La sconfitta sul filo di lana a Parma pone il Palermo in una condizione di classifica drammatica. la storia insegna che, se giri a 15 punti, farne 25 nel girone di ritorno se non impossibile è improbabile. A meno che in questo strareclamizzato mercato di riparazione, non trovi tutte le pedine mancanti, capaci di capovolgere la situazione.

IL PROCESSO DEL LUNEDì
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PALERMO – “Dio è grande!”, sospira alla fine l’ex Amaurì, il giustiziere di turno di questo disgraziatissimo Palermo. Sono le sole parole che mi si sono schiantate nel cervello. Delle altre, le solite sul “Palermo che è sempre nel mio cuore” e dei “tifosi palermitani che non dimenticherò mai ed è per questo che non ho esultato, dopo il gol”, mi è rimasto in bocca un retrogusto amarognolo, un non so che di fastidioso e di stucchevole. Solo la frase “Dio è grande” mi ritorna in mente, ora che la tv è spenta e che, a guardarla, mi sembra ancora un oggetto misterioso capace solo di procurare dolore.

“Dio è grande!” e lo so bene, ma dall’inizio di questa maledetta stagione non volge un solo sguardo benevolo verso il Palermo, neanche quando i rosanero per la prima volta riescono a recuperare un gol subito e riportarsi in parità. Con chi, poi? Con Igor Budan, ovvero l’uomo che non ti aspetti, già promesso al Pescara, ché tanto nel Palermo è ormai in soprannumero. Sembra una lezione che il calcio – ovvero la sua faccia pulita – riserva ai soliti sapientoni, quelli che sanno tutto ed avevano deciso che Budan non serviva più alla causa rosanero. Quando col suo colpo di testa ha siglato l’1-1 la partita sembrava ormai finita ed invece non era così perché il calcio riserva sempre delle sorprese; il calcio è un serpente velenoso, tutto il veleno ce l’ha nella coda e con quella colpisce tradimento e uccide. Così è stato al “Tardini” di Parma, una beffa atroce, la peggiore di questo terribile campionato, perché dopo il pareggio il Palermo non è arretrato di un centimetro, anzi ha cercato il raddoppio ed ha anche avuto la palla per realizzarlo. E gli è capitata tra i piedi del suo giocatore più dotato, Brienza, che ha raccolto un cross radente di Barreto – altra colonna della domenica parmense – e, solo davanti a Mirante, ha tirato a colpo sicuro. Ma quello, il portiere bianco crociato, ha sfoderato l’ennesima prodezza e gli ha respinto, neppure lui sa come, quel pallone che avrebbe chiuso la partita. Rinvio, palla avanti e pedalare, cross dalla sinistra, Amaurì la controlla, si gira e tira. E non sembra una folgore, ma solo il tiraccio della disperazione, solo che coglie in controtempo Benussi e fa gol: 2-1 per il Parma e fischio finale. Poi, l’ho detto, la sua frase icastica (“Dio è grande!”) e un silenzio fragoroso s’impossessa della mia testa. Ancora incredulo mi chiedo perchè? E non so darmi una risposta.

Sì, lo so o almeno lo immagino: i soliti sapientoni diranno che è colpa di Benussi, che è colpa di Aronica, che è colpa di Gasperini, che è colpa di Brienza: per soffrire di meno è più facile cercare un colpevole e magari più di uno. E magari è pure vero, perché Benussi poteva essere più reattivo su quella palla maledetta; perché un leone ruggente, seppur ormai logoro, come Amaurì non devi farlo girare nell’area piccola, a costo di rischiare un calcio di rigore (dico per dire); perché Brienza non doveva fallire quel pallone d’oro un minuto prima. Un pallone molto più invitante di quello capitato sui piedi di Amaurì. Ma a che serve recriminare, affondando la lama su una piaga ancora purulenta che risale a questa estate quando si è preferito smembrare una squadra bellissima e ridurla a brandelli. Quando si è pensato solo a tirare i remi in barca per salvare il salvabile, senza capire che l’unica cosa che andava direttamente a fondo sarebbe stata proprio la barca. Quindi, prendiamoci le nostre colpe, intendo chi ce le ha non si nasconda dietro un dito e cerchi – ammesso che ce ne sarà ancora il tempo – di porvi rimedio. I pentimenti tardivi sono peggiori delle colpe commesse, fanno più male, perché sanno di beffa. Ed è quel che sta scontando il povero tifoso rosanero, l’unico che non si rassegna, che ci crede sempre, anche se siamo penultimi da soli con la miseria di 15 punti e la storia insegna che, se giri a 15, farne 25 nel girone di ritorno se non impossibile è improbabile. A meno che in questo strareclamizzato mercato di riparazione, non trovi tutte le pedine mancanti, capaci di capovolgere la situazione e da drammatica trasformarla in trionfale. Insomma, se impresa non è poco ci manca. E comunque, l’avvio delle trattative in corso sembra promettente, anche perché Lo Monaco è abituato alla giungla del mercato di gennaio, dove, più che il fiuto degli affari conta il prestigio personale e quello della società. Sono in stand ottimi elementi come Marquinho, Dossena e Immobile, gente che può imprimere alla squadra la sterzata giusta, quella del recupero delle forze e delle posizioni in classifica. Ma bisogna far presto, non farsi soffiare i colpi migliori sul filo di lana come nel recente passato è successo troppo spesso al Palermo. Ma allora non c’era un volpone come Lo Monaco a tener ferme le redini del carro rosanero. Un carro che rischia di andare alla deriva senza una guida sicura in questi 25 giorni di mercato che mancano alla sua chiusura. Ci aspetta, in questo girone di ritorno, una corsa sfrenata verso l’alto, a cominciare da … subito, nel terribile campo del Napoli, che a solo pensare di strappar qualche punto sembra solo pura utopia. Ma quando serve non c’è avversario che tenga, quando devi salvarti, devi sfoderare gli artigli, vedi la Samp nel fortino inespugnabile della Juve e si capisce al volo cosa serve ad una squadra, finita sull’orlo del baratro e che non voglia finirvi dentro. Grinta, determinazione, spirito di sacrificio. E, naturalmente, i giocatori che servono: ovvero una punta da 10-15 gol, un centrocampista pensante, due esterni alti che volano sulle fasce e , ultimo ma non ultimo, un portiere vero. Perché tra il cosiddetto titolare, Ujkani e il Benussi di ieri uno buono – almeno per il Palermo che deve salvarsi – io dico che non c’è. Quindi, bando alle ciance, alle frasi fatte, al buonismo da quattro soldi e prendiamo un portiere sicuro, possibilmente un portierone. Uno che certi gol – e non dico precisamente quali, tanto tutti sanno a quali mi riferisco – non li becca. Cominciamo da lì, dall’ultimo baluardo di una squadra di calcio, e poi al resto: se ci riusciamo, vedrete che il tempo, seppur tiranno come sempre, ci basterà.

E magari, alla fine “Dio è grande!”, lo diremo anche noi…


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