La sua presenza l’ha annunciata con una lettera ad Antonio Raspanti, il vescovo che in via cautelativa l’ha allontanato dalla diocesi. Così, Don Carlo Chiarenza, il prete protagonista dell’inchiesta di “S” e accusato di pedofilia da Teodoro Pulvirenti, è tornato nella sua dimora, annessa alla basilica di San Sebastiano. Ma solo per un paio di giorni e per motivi personali. Lo racconta il quotidiano “La Sicilia”. “Il vescovo è stato informato dallo stesso don Carlo della sua presenza in città, per motivi strettamente personali. Tra stasera e domani (tra ieri sera e oggi, ndr) dovrebbe ripartire” hanno fatto sapere dall’ufficio stampa della Curia.
Niente di male, insomma, ma qualcuno storce il naso. Roberto Mirabile, presidente della “Caramella buona onlus”, l’associazione che in questi anni ha sostenuto e spinto alla denuncia Teo Pulvirenti, trova sì lecito che Don Chiarenza, da libero cittadino, torni in città, “ma trovo di pessimo gusto che, in suo onore, si organizzi una sorta di festa tra pizza e colombe pasquali, quando, è vero, ancora solo ipoteticamente ma ricordiamo, con un’indagine in corso, si è accusati di tale infamia e ci sono persone che stanno realmente soffrendo”.
Roberto Mirabile, secondo la ricostruzione del giornale catanese, farebbe riferimento a una cena, avvenuta martedì sera, fra Don Carlo, il fratello, qualche amico e alcuni componenti della commissione per i festeggiamenti di San Sebastiano. Per il presidente dell’agguerrita associazione anti-pedofilia, insomma, non c’è proprio nulla da festeggiare.