PALERMO – Bambini coinvolti per non dare nell’occhio. Per sembrare turisti in giro per l’Italia in camper. Solo che nel bagagliaio c’era la droga. Bambini abituati a vedere genitori e parenti impegnati a tagliare la cocaina. Come se fosse un fatto normale. C’è anche questo nelle pagine dell’inchiesta che ieri ha azzerato la famiglia mafiosa dello Zen, svelando come il traffico di stupefacenti era la principale fonte di guadagno del clan.
Quarantadue minuti dopo le 14 del 10 agosto 2012 gli agenti della Direzione investigativa antimafia captarono la conversazione in cui Vincenzo Cosenza raccontava a Guido Spina, indicato come il reggente della famiglia mafiosa, che era tutto pronto per un viaggio di due giorni in camper. Non facciamo i nomi di chi su quel camper c’è salito per non svelare l’identità dei minorenni. Diciamo solo che c’erano anche due bambini di sei e dodici anni. La mamma aveva già preparato pure le provviste, “gli ha dato una pulita dentro il camper, ha già sistemato mottini, tutte cose, latte, pasta, stasera condimenti ai frutti di mare, quattro spaghetti stasera di pomeriggio ci mettiamo in viaggio”. Altra cosa importante: “i telefonini li lasciamo a casa”. Per buona pace del bambino che “se lo vuole portare per giocare”.
“E’ evidente che la presenza di cosi tanti componenti, bambini compresi, ha il solo scopo di eludere – scrivono i pm Scaletta, Picozzi, Del Bene, Paci e Vaccaro – un eventuale controllo delle forze dell’ordine. In modo tale da far apparire la trasferta come una normale gita familiare”. Una gita seguita, chilometro dopo chilometro, dagli agenti della Dia. Destinazione finale fu Bagnara Calabra. Secondo gli inquirenti, si trattò del viaggio preparatorio per un’altra “gita” con partenza il 16 agosto. Niente camper. Uomini, donne e bambini salirono su due macchine. Dallo svincolo di Tremonzelli gli agenti si misero alla ruota dei viaggiatori. Una delle due auto, una lancia Y, venne fermata all’altezza dello svincolo di via Oreto e scortata fino alla caserma Lungaro della Polstrada in corso Pisani. Il fiuto dei cani antidroga scovò tre chili di cocaina.
I viaggi in camper non sono le uniche occasioni in cui si è registrata l’inconsapevole partecipazione di minorenni. Ci sono altre agghiaccianti testimonianze captate dalle microspie. Sotto gli occhi dei bambini, ad esempio, la droga veniva tagliata e confezionata in dosi pronte per lo spaccio. Era un’operazione di routine. E c’era persino chi chiedeva aiuto ai bambini: “.. vai a prendere i sacchetti quelli per congelare, tipo quelli per le brioscine me le vuoi macinare tu queste pillole”.
Consapevole, invece, sarebbe stato il ruolo delle donne. Tra le più attive ci sarebbe stata anche Angela Spina. La figlia del presunto reggente del clan. Era già finita in manette tre anni fa, fermata assieme al marito, Pietro Vitale, ad un posto di blocco. In macchina nascondevano tre chili di cocaina. Quando Guido Spina apprese la notizia si battè il petto: “… a mia figlia si sono portati me lo sentivo che succedeva qualcosa, tre chili di cose gli hanno trovato e ho fatto arrestare a mia figlia…”. E la moglie Alba Li Calsi non gliele mandò a dire: “Cornuto a mia figlia hai consumato…cornuto…”. Ieri la scena si è ripetuta. In carcere ci sono finiti tutti e tre. Marito, moglie e figlia.