Droga: quella 'Palermo bene' che sniffa il male

Droga: quella ‘Palermo bene’ che sniffa il male

La città che giustifica il consumo di droga. E che ha bisogno d'aiuto.
IL CONSUMO DI SOSTANZE
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Quella ‘Palermo bene’ sniffa il male, cioè la droga. Poi, si guarda in giro, convinta di non essere guardata o, al massimo, di intercettare occhiate complici, e si rilassa. E se qualcuno ha qualcosa da obiettare, la risposta figurata è affidata al gesto del pollice, dell’indice e del medio assemblati in quell’embè?, che è un simbolo internazionale.

Quella ‘Palermo bene’ – in un contesto generico, evocato da indagini che attendono il compimento di un giudizio – fa parte dell’estensione di una ‘Palermo bene’ socialmente intesa e innocente. Per essere iscritti al suo albo immaginario – secondo la vulgata – basta avere i soldi, associati a una propensione festaiola in scintillanti reami, dove tutti si chiamano per nome. E non c’è niente di negativo a muoversi, con ragguardevole falcata, in quei luoghi metaforici, a scanso di insopportabili moralismi. Chi vuol essere lieto sia, insisteva un tale, anche se non conosceva gli aperitivi.

Ma poi c’è appunto quell’altra ‘Palermo bene’ residuale, per cui la droga rappresenta una sorta di rito sociale, un compimento, il marchio di una altolocata appartenenza. E se qualcuno alza il ditino, ecco che scatta la tagliola del pensiero collettivo godereccio. Sono fatti miei. Non devo rispondere a nessuno delle mie scelte. Che male c’è a sniffare il male, posto che la droga, davvero, ha il volto del male?

Già – insisterebbe quella ‘Palermo bene’, ulteriormente provocata – che male c’è? Domanda cruciale a cui se ne possono opporre altre: cosa si prova essere gli acquirenti di un mercato che è in mano alla criminalità organizzata, agli stessi uomini del disonore che, con la sinistra, movimentano la cocaina in certi recinti danarosi, mentre, con la destra, inondano le piazze di spaccio di crack, sostanza letale per più di una vittima innocente? Cosa pensa quella ‘Palermo bene’ di una debolezza che è controllata dalla mafia, che la mafia ingrassa, che la mafia organizza?

Cosa pensa quella ‘Palermo bene’ dell’esempio che offre? Esempio è un termine moralista? Chissà, forse soltanto morale. E si rivolge a certi adulti che dopo avere deposto gli abiti ruggenti tornano a casa, e magari sono genitori di adolescenti in preda allo smarrimento e alle pericolose suggestioni di un’età fragile, in un’epoca tremenda. Come fanno, quei padri e quelle madri, a guardare i figli negli occhi, o qualunque ragazza\ragazzo che, dagli anni cresciuti, si aspetterebbero i consigli di un sopravvenuto equilibrio, non la cronaca di una deriva emotiva ed esistenziale?

Ma anche quella ‘Palermo bene’ è attraversata, spesso, da inconsapevoli bimbi sperduti che giocano sulla rotta di una polverina bianca. E nemmeno loro saprebbero trascrivere la ferita di una dipendenza, che è una cosa tragica e serissima, le ristrettezze di una prigionia, il chiavistello di un carnefice che toglie libertà e dignità. Arriverà mai il giorno della rinascita?

Perché noi questo auguriamo a quella ‘Palermo bene’, con un soprassalto sincero quanto la pietà: di attraversare la palude, chiamandola col suo terribile nome, di rinunciare allo sballo. Di mettere alle spalle il dolore. Per ricominciare ad amarsi. (Roberto Puglisi)


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