Gesuita, direttore di importanti riviste, da La Civiltà Cattolica a Popoli e Aggiornamenti Sociali , padre Bartolomeo Sorge è noto ai siciliani per aver diretto l’Istituto di Formazione Politica Pedro Arrupe di Palermo e aver sostenuto la ‘Primavera palermitana’ di Leoluca Orlando e il suo movimento La Rete.
Padre Sorge, che impressione le ha fatto l’elezione di Jorge Mario Bergoglio? E il modo semplice ma fermo con cui si è presentato ai fedeli?
“Mi è parso chiarissimo che questo è il Papa di cui avevamo bisogno, le parole che ha pronunciato danno il senso di un rinnovamento e danno anche una maggiore luce alle dimissioni del Papa Emerito Benedetto XVI; il quale, nella lectio divina ai seminaristi del febbraio scorso, pochi giorni prima dell’annuncio, anticipò in un certo senso le sue dimissioni parlando della Resurrezione. Egli evidentemente ha vissuto il pontificato come un martirio, come la sua crocifissione, ma la Croce – non bisogna dimenticarlo – significa Risurrezione. Perciò lasciare il ministero petrino in mani più forti non ha significato per lui scendere dalla Croce ma far raggiungere alla Croce il suo pieno significato, nella risurrezione della Chiesa, stanca e provata, a vita nuova. Il Papa è morto e risuscitato”.
Quali prospettive apre nella Chiesa questo Papa, venuto “dalla fine del mondo”? c’è una suggestione in questo suo venire da lontano?
“La prospettiva è quella del rinnovamento, come già indicato dal Concilio: è necessaria una collegialità nel governo della Chiesa. Un uomo solo non può governare, senza avere al suo fianco un’istituzione autorevole che lo supporti e lo coadiuvi. Questo non significa diminuire il senso del pontificato, ma aiutare a cambiare il modo di fare il Pontefice”.
Quali sfide concretamente il nuovo Papa dovrà affrontare?
“Rinnovare la Curia è sicuramente la sfida maggiore”.
Molti hanno visto nel nome che il Papa ha scelto, Francesco, la promessa di una missione in qualche modo rivoluzionaria, e allo stesso tempo una responsabilità che nessun altro Papa si era sentito di assumere: che cosa evoca il nome del Santo di Assisi? Che cosa dice ai fedeli e ai non fedeli?
“La sua non è stata una scelta improvvisa, ma il frutto di una scelta di vita che già conduceva da cardinale e da sacerdote: a Buenos Aires, Jorge Bargoglio viveva sobriamente, spostandosi con i mezzi pubblici, abitando in un comune appartamento, vivendo con i poveri. Questo significa semplicemente vivere il Vangelo”.
San Francesco era persona umile e povera, ma anche energica e capace di governo e anche S. Ignazio, fondatore dei gesuiti era un uomo dotato di grande forza oltre che di spiritualità, ma oggi spirito ascetico e doti di leadership sembrano qualità in contraddizione fra loro, incompatibili. Lo sono davvero?
“No, non lo sono. Il gesuita è abituato ad assumersi responsabilità anche grandi ma con spirito di servizio, come ci insegna la nostra tradizione degli esercizi spirituali. Le doti di leadership Papa Bergoglio ha già dimostrato di possederle e gli derivano dalla sua formazione di gesuita; cioè da una nuova concezione della povertà, vissuta senza fanatismi, per meglio guidare. Tutto ciò ci fa ben sperare”.
Il dialogo con le culture diverse è un tratto peculiare dei gesuiti, storicamente.
“Certo. Noi dobbiamo andare a parlare con chi è lontano, dove c’è bisogno, senza forzare ma sempre evangelizzando. Ma parlare non significa che io ti parlo, ma che io ti parlo e ti ascolto perché non ho la verità tutta intera. È un cammino che si fa insieme”.
Sembra che l’avversione alla Curia abbia pesato molto sulle scelte di questo conclave. Perché l’Italia non è più capace di esprimere una candidatura forte, nel senso della spiritualità?
“Queste sono riflessioni che si possono fare, certamente, ma il Papa va visto diversamente, con occhi di fede. Nella globalizzazione l’asse della Chiesa si è spostato. Il mondo è ormai secolarizzato, non esistono più luoghi privilegiati, bisogna tornare ad annunziare il Vangelo”.
Il Papa ha parlato di misericordia, una parola un po’ desueta…
“Non sarei così pessimista, io la sento spesso invece! La misericordia è il vero senso della Rivelazione: il volto di Dio è l’amore misericordioso. Dio non è quello che il catechismo antiquato a volte ci presentava, è invece il papà che perdona e accoglie e al figlio che ha sperperato non chiede indietro i soldi, ma dice: “vieni, andiamo a uccidere il vitello grasso”.