Ha speso la sua vita per tenere in piedi non solo la memoria ma anche l’ideale in chiave democratica dell’indipendentismo siciliano. È morto Pippo Scianò, 83 anni, fondatore e animatore del Fronte nazionale siciliano-Sicilia indipendente, una piccola formazione politica che spesso si è presentata agli appuntamenti elettorali. Scianò, che è stato un dirigente della Regione siciliana, ha cercato di riprendere un filone di storia controversa, al quale aveva cercato di collegarsi il bandito Salvatore Giuliano, e si è sempre battuto per l’affermazione dei principio di una Sicilia-nazione diventata “provincia” dopo il processo di unità nazionale.
Nella ricostruzione delle radici dell’indipendentismo, Scianò ha cercato di interpretarne l’anima popolare e democratica, quella che faceva riferimento ad Antonio Canepa. In molti documenti ha sostenuto una linea di apertura verso i paesi del Mediterraneo e di accoglienza. Benché fosse descritto come “l’ultimo indipendendista” impegnato a costruire un’immagine ormai folcloristica di un movimento che nel Dopoguerra aveva avuto un certo peso, era un intellettuale curioso e un cultore della storia siciliana che aveva reinterpretato anche attraverso alcuni libri tra cui “L’esercito dimenticato”, una rilettura della questione meridionale, da lui considerata un’eredità “avvelenata” del Risorgimento italiano. In un altro libro – “..e nel mese di maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia” – Scianò aveva attaccato, per demolirla, la rivoluzione garibaldina che, a suo giudizio, segnò la definitiva demolizione di ogni aspirazione autonomista della Sicilia.