È morto l'avvocato Franco Marasà | Legale di Provenzano e voce critica - Live Sicilia

È morto l’avvocato Franco Marasà | Legale di Provenzano e voce critica

Aveva 73 anni. Le sue "battaglie" in aula con la compagna di una vita.

PALERMO – “Addio Franco, amore mio”, scrive Rosalba Di Gregorio. È morto per una grave malattia l’avvocato Franco Marasà con cui Di Gregorio ha condiviso vita e professione. 

Marasà, 73 anni, lascia un segno profondo nell’avvocatura palermitana. Non le mandava mai a dire, mai. Neppure ai giudici, tanto da apparire a volte scontroso e irruente. Era “semplicemente” dissacrante. Nessuno, per primo un giudice, era immune dalle critiche.

Non amava rilasciare dichiarazioni. Ai giornalisti raccontava aneddoti, storie di ordinaria giustizia e ingiustizia, strappando lunghe risate sulle quali, però, si sedimentavano spunti di riflessione.

Anni di battaglie in aula le sue, combattute in punto di diritto. Se venisse ricordato solo come l’avvocato di Bernardo Provenzano, che ha difeso nell’ultimo decennio assieme alla compagna, si farebbe un torto alla sua lunga carriera. Però, è proprio nei giorni di quella nomina, era il 2006, che Marasà disse una frase, una delle poche affidate al taccuino di un giornalista, manifesto del suo modo di essere: “Guardi io sono avvocato, lo è mia moglie, lo sono diventati i miei figli. Sono profondamente convinto che una democrazia autentica si basa sul diritto alla difesa. Di chiunque. Lo prevede la Costituzione”.

Per Marasà ogni imputato era presunto innocente. E così fu quando imputato lo divenne lui. Ci vollero una dozzina di anni di indagini e processi prima che venisse assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. I pentiti lo accusavano di essere andato oltre il mandato difensivo. Marasà diveniva per alcuni il simbolo di un’intera avvocatura piegata agli interessi mafiosi. Non cambiò atteggiamento. Nessuna dichiarazione, neppure quando fu assolto. Era rimasto in silenzio stampa per tutto il processo e, così disse, non capiva perché avrebbe dovuto parlare quando venne scagionato.

Già i pentiti, che nel 1989 furono i protagonisti del libro scritto con la moglie fal titolo: “L’altra faccia dei pentiti. Le bugie e le contraddizioni dei pentiti del maxiprocesso di Palermo”. Fece scalpore perché avviava la critica sul pentitismo, la cui onda lunga ha finito per picconare i processi sulle stragi di mafia costruiti sulle bugie dei collaboratori.

Sei anni fa Marasà aveva vissuto il dolore più profondo per un padre. Il dolore che va contro la natura delle cose e che oggi gli amici ricordano per trovare consolazione nel giorno della sua morte.

I funerali si svolgeranno domani, alle 11:30, nella chiesa di San Michele.


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