E parliamo pure del "ciaffico" - Live Sicilia

E parliamo pure del “ciaffico”

Diceva lo zio di Johnny...
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Il grande Roberto Benigni faceva dire allo zio del mafioso Johnny Stecchino una frase che è riduttiva sui minus di questa nostra magnifica e sventurata città ma che è subito condivisa da qualsiasi forestiero venga a visitarla o, peggio, conduca un mezzo di trasporto per le sue strade: La famosa frase è “il pobblema di Palemmo iè il ciaffico”. Ricordo quando negli Stati Uniti, pur avendo otto anni di esperienza di guida a Palermo, fui bocciato all’esame di pratica per prendere la patente. Poco dopo un incrocio segnato da uno strano cartello ottagonale rosso con margine bianco e l’inequivocabile scritta “STOP”, mi comportai molto meglio di come avrei fatto a Palermo. Pur non essendoci anima viva dall’altra parte, rallentai la mia corsa, guardai di qua e di là per far capire all’esaminatore seduto accanto a me che ero un ragazzo prudente e poi, palermitanamente, passai. Quello mi fulminò con lo sguardo e mi bocciò con una motivazione inappellabile: “If you read STOP, you must stop”. Tradotto: “Sa lieggiri ? Tà firmari”.

Palermo è un posto dove le regole del Codice della strada hanno un’interpretazione personale e del tutto relativa. A Palermo accendere le quattro frecce lampeggianti non vuole dire, come nel resto del mondo: “Fermata d’emergenza”. L’accezione panormita è: “Mi fermo dove cavolo mi pare e guai a te se protesti”. A Palermo la decisione su chi debba passare per primo ad un incrocio, indipendentemente dal diritto di precedenza, è una questione d’onore. Ci si avvicina all’incrocio, ci si guarda negli occhi e per una strana e istantanea combinazione chimica, si decide “cu è “cchiù cuorna ruri”. Palermo è l’unico posto in questo mondo in cui i motociclisti riescono a usare il telefonino mentre guidano. E passi per quelli che conversano incastrandolo tra il casco e l’orecchio, ma come si può guidare una moto e contemporaneamente mandare un SMS ? Per non parlare poi dei pedoni che, attraverso l’ostensione del saluto fascista, ritengono di potersi automaticamente appropriare di un diritto di attraversamento che è loro negato persino sulle strisce pedonali. Queste ultime sono elementi dell’arredo urbano che a Palermo non riscuotono grande favore perché evocative di quei tifosi rosanero eterozigoti o “dell’ultim’ora” definiti, con termine dispregiativo, “gli strisciati”.

Analoga soggettività d’interpretazione delle regole del Codice vale per coloro che sarebbero preposti al controllo del loro rispetto. Vediamo girare con le loro pettorine occhiuti controllori dei “Gratta (ossia ruba) e parcheggia” pronti ad elevare la contravvenzione (u’ papellu) se hai “sforato” di dieci minuti. E che importa se hai “dovuto” comprare la scheda con un piccolo sovrapprezzo dall’extracomunitario già perfettamente integrato nella città del sopruso. Analogo rigore nel controllo dei divieti di sosta non è applicato, capite voi il perché, in vicinanza di preclari siti d’interesse gastronomico. Qualche esempio ? La celebre pasticceria interista di Corso Tukory (o Tugher, che dir si voglia), la pescheria di Viale Strasburgo (o Traisbuggu) e la rosticceria di Via Malaspina primatista universale, a giudizio delle mie papille, dell’arancina al burro.

Al ritorno dalle vacanze, nel periodo che molto più che il Capodanno mi dà la sensazione dell’anno che passa, vorrei che il Sindaco (sì, vabbè) rendesse obbligatorio un ritorno alla scuola-guida per tutti noi palermitani. Per ripassare le regole e capire che rispettarle vuol dire vivere meglio tutti quanti. Ma ahimè, a parte un Sindaco, forse servirebbe ben più che una semplice scuola-guida.

Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?”.


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