‘Enigma Palermo’, così si intitola il libro-intervista dell’ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, con la giornalista Constanze Reuscher. Altri volumi verosimilmente verranno, essendo il ‘Professore’ (come l’abbiamo sempre chiamato, con la sua approvazione) nato per comunicare. Ma questa è una sorta di interrogazione finale da secondo quadrimestre, rispetto a una smisurata esperienza politica. Un bilancio che si vorrebbe inemendabile.
Noi avremmo aggiunto un secondo rigo: ‘Enigma Palermo, l’uomo che (non) voleva essere Leoluca Orlando. Perché era dai tempi di Robert Louis Stevenson e del suo ‘Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde’ che non si assisteva a una così minuziosa narrazione sul tema del doppio, nelle contraddizioni delle andate vagheggiate e dei ritorni impossibili. Ovviamente, è una boutade che, però, sfiora la sostanza, tra un uomo e la sua rappresentazione.
Orlando c’è e non c’è, scompare e torna con un differente senso. Rivendica quello che ha vissuto – vittorie e sconfitte, suscitando approcci estremi come se davvero ci si accostasse al binomio metaforico Jekyll-Hyde – ma, talvolta, offre un significato alternativo rispetto al pensiero con cui furono interpretati alcuni eventi. Come se, invece di una, le esistenze fossero due, con due significati diversi, legati allo sguardo che si posa sulla pagina, nel contrappunto amore-rancore intrattenuto, da simbolo, con la sua città. Perfino il sincero e proclamato legame con Palermo lascia trasparire – come un ricorrente e implicito riflesso – la nostalgia di percorsi alternativi e mai battuti in una seduta di autoanalisi letteraria.
Una lunga confessione
In qualche tratto, sembra che le ammissioni di errori siano una stratagemma da confessione. Si riconosce a proprio carico la pagliuzza, per scansare l’ipotetica trave e ottenere l’assoluzione davanti alla Storia (in maiuscolo). Il SinnacOllanno – si sa – non ha mai lavorato per le minuzie della cronaca. Ancora due parole introduttive sulla co-autrice. La giornalista Constanze, come chiunque l’abbia avvicinato, non può sottrarsi all’imponente meccanismo seduttivo che è il carisma di un protagonista. Ma se la cava molto bene, pungolando a dovere, resistendo, con inflessibile affetto, al canto della sirena.
Luca? No, io sono Leoluca…
Il doppio, dunque, l’essere due in uno, che risalta, per esempio, a pagina ottantasei. “Mi chiamo Leoluca, non Luca come tutti mi chiamano”. Nel suo piccolo, è una rivelazione questo tenere al nome per esteso e non al diminutivo dal retrogusto evangelico. E il cuore di Luca-Leoluca che non è a sinistra, ma a destra: “Ho la sindrome di Kartaneger e tutti i miei organi sono collocati al contrario, quindi anche il cuore batte a destra, nel mio petto”.
Lui non sta mai dove te lo aspetti, enigmatico, come il titolo da giallo dell’opera, sfuggente. Il confronto con una condizione perenne di fragilità aggiunge pennellate significative: “Ho vissuto i primi anni con l’ansia di mia madre. Luchetto muore. Luchetto muore”. Da una parte c’è Luca, quello che tutti credono di conoscere. Dall’altra, ecco Leoluca: l’alter ego ignoto ai più.
La ‘brutta destra’ e la ‘sinistra che perde’
Le definizioni del protagonista, andando avanti nella lettura, intercettano – poteva essere diversamente? – la politica. La vittoria nazionale di Giorgia Meloni, le elezioni di Roberto Lagalla a sindaco di Palermo e di Renato Schifani come presidente della Regione sono vissute in forma di ferite per la collettività. Non manca il riferimento polemico al duo Cuffaro-Dell’Utri.
Ma la stoccata forse più polemica è riservata alla sinistra, sulle comunali: “Si è scelto come candidato Franco Miceli, un professionista stimato ma totalmente sconosciuto alla stragrande maggioranza dei palermitani… Non solo non ho scelto io il candidato sindaco, ma non mi è stato neanche consentito di concorrere alle scelte in campagna elettorale”. Schema tipico dell’Orlandismo: quando si perde, la colpa è degli altri. Se si vince…
Il rapporto con Falcone
La giornalista procede con la sua approfondita investigazione. Tocca al rapporto con Giovanni Falcone, alle lacerazioni sulle ‘carte’ e i ‘cassetti’ della Procura, in un contesto storico arcinoto che si arricchisce di una diversa angolazione, non inedita, ma qui espressa in forma sistemica. Il capitolo è ‘Avvoltoi’. Dice Leoluca Orlando, ricordando il contesto complessivo: “Non intendevo attaccare Giovanni Falcone. Ho parlato più volte del cattivo funzionamento della Procura della Repubblica di Palermo, alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta”.
“La morte di Giovanni Falcone è stato un immenso dolore. E la polemica intorno alla vicenda a cui fai riferimento ha reso ancora più pesante la sofferenza. Ho cercato più volte di spiegare cosa accadde, senza essere ascoltato o creduto”. Rimane in Orlando: “Il grande e lacerante rammarico di non avere potuto spiegare le ragioni delle mie affermazioni personalmente a Giovanni. E non avere potuto ascoltare le sue”.
Palermo? Sullo sfondo
Nel perimetro di una lunga narrazione (quasi trecento pagine), che invitiamo a scandagliare per esteso, ci sono tanti altri paesaggi cruciali: dall’omicidio Mattarella alla vicenda dei migranti. E Palermo? C’è, nel ruolo di spalla. Il rapporto appare rovesciato nel diario di un viaggio. La città diventa comprimaria rispetto al ‘Sinnacu’ che narra come la liberò dalla mafia e come avviò e completò una stagione di riscatto in grado di renderci migliori.
Si tratteggia un rapporto psicologico con il luogo che è insieme base di partenza e confine invalicabile delle ambizioni (un’altra impronta del ‘doppio’). Le interpretazioni sono aperte. Ma una cosa è certa. L’uomo che (non) voleva essere Leoluca Orlando, che abbraccia e si ritrae, che afferma e smussa, che si confessa e che rivendica, è scolpito indissolubilmente nella biografia di ogni palermitano, quale che sia il giudizio.
A pagina sessantadue si legge, proprio riguardo a una vicinanza mai indisponibile: “Io, di mio, credo di essere rimasto me stesso, un uomo pieno di difetti, ma sempre vicino ai cittadini. I palermitani avevano un sindaco che potevano incontrare, abbracciare, avvicinare fisicamente, sempre. Il mio ufficio è stato sempre aperto a tutti, Il portone del palazzo monumentale sempre spalancato”.
(Lunedì 2 ottobre ‘Enigma Palermo’ sarà presentato al Rouge et Noir alle 17.30)