Come anticipato la notte scorsa da Livesicilia, il “papello” della mafia di Totò Riina esiste ed è stato consegnato ai magistrati di Palermo che indagano sulla trattativa Stato-Cosa nostra. Le immagini del documento sono state pubblicate dal sito de L’Espresso che rivela come accanto alla lista di richieste avanzate da Riina esista un altro “papello”, compilato da Vito Ciancimino, che modificava le richieste dei corleonesi. Sopra il foglio A4 un post-it con scritto “consegnato al colonnello dei carabinieri Mori dei Ros”. A consegnare il fax giunto al suo studio, l’avvocato di Ciancimino jr, Francesca Russo, che ha incontrato l’altro ieri i pm della Dda di Palermo Roberto Scarpinato, Nino Di Matteo e Paolo Guido.
I punti. Dodici richieste, come già anticipato dalla stampa. Al primo punto ci sono due nomi di uomini politici: Mancino e Rognoni. Poi l’abolizione del reato di associazione mafiosa. La riforma del maxiprocesso ricorrendo alla corte di Giustizia europea. Il partito del Sud. E anche la riforma della giustizia all’americana, col sistema elettivo dei giudici.
Il “papello originale”. Scritto a stampatello ma non da Vito Ciancimino, la lista originale delle richieste partite dai corleonesi prevedeva invece: la revisione del maxi processo, l’abolizione del 41 bis (il carcere duro), arresti domiciliari per i mafiosi con oltre 70 anni, la chiusura delle supercarceri dell’Asinara e di Pianosa, la cancellazione della legge sui pentiti, l’annullamento del sequestro dei beni ai familiari, la defiscalizzazione della benzina per gli abitanti siciliani e l’arresto solo in “fragranza” di reato, con un evidente errore grammaticale.
Oltre il mistero. Una volta rivelata l’esistenza del “papello” – se ne parla da subito dopo l’arresto di Riina – restano tante domande a cui ora non si può non dare risposte. Il foglio scritto da Riina e soci è mai giunto a “mani isituzionali”? O quello che è arrivato era quello scritto da Vito Ciancimino? E se è arrivato a qualcuno, fino a dove è arrivato? Fino a che punto lo Stato è sceso – è il caso di dirlo – a patti con l’organizzazione mafiosa?
Perché l’arresto di Riina e la mancata perquisizione di casa sua, le bombe che improvvisamente smettono di scoppiare e la latitanza di 43 anni di Bernardo Provenzano, mentre tutti gli altri boss – da Brusca a Bagarella e da Aglieri a Giuffrè – venivano arrestati, sollevano più d’un dubbio.