PALERMO – Quasi tremila operai inattivi nel giro di un anno. I numeri della Cassa edile di Palermo la dicono lunga sulla situazione drammatica di crisi in cui versa il comparto dell’edilizia. A novembre del 2011, gli operai iscritti ammontavano a 9.209, le imprese a 1.955, le ore lavorate a 1.124.871. Un anno dopo, a novembre 2012, gli operai si fermavano a 6.290. Il saldo in negativo è di poco meno di tremila posti di lavoro andati in fumo in uno degli anni più tragici per l’edilizia palermitana. In drastico calo anche il dato delle imprese attive iscritte alla cassa edile: 1.646, cioè 300 in meno rispetto a dodici mesi prima. Un’ecatombe silenziosa che non dà segni di ripresa. Tutti gli indicatori, infatti, confermano un declino inarrestabile. Anche le ore lavorate, di conseguenza, hanno subito un crollo, scendendo sotto il muro delle 800.000 mensili, un calo che si avvicina al 30 per cento in un anno.
Un trend negativo che si era già confermato il mese precedente, per il quale i dati sono ormai pressoché definitivi. A ottobre 2012, infatti, gli operai iscritti erano 6.549, le imprese 1.733 e le ore lavorate 826.057. L’ammontare complessivo delle ore lavorate non supera più il milione dallo scorso mese di maggio. Da allora, la tendenza negativa del comparto si è ulteriormente aggravata. E dall’estate, il numero degli operai iscritti è rimasto costantemente sotto quota 8.000, scendendo sotto i 7mila in autunno.
Se si sposta un po’ più indietro il termine di paragone del periodo preso in riferimento, il tracollo del settore appare ancora più clamoroso. A giugno del 2011, infatti, gli operai iscritti alla Cepima erano 9.754, circa 3.500 in più rispetto ai numeri degli ultimi mesi del 2012. Portando indietro le lancette di un altro anno e osservando quindi i dati relativi al giugno 2010, il paragone è impietoso: allora, gli operai attivi ammontavano a 10.500. Insomma, nel giro di due anni e mezzo sono andati in fumo a Palermo e provincia qualcosa come quattromila posti di lavoro nell’edilizia. Stesso discorso vale per le imprese attive, che alla fine del 2010 superavano le 2.100 unità, 450 in più rispetto al presente. In due anni, quindi, un’impresa su cinque è scomparsa dalla scena.
“Da un anno, mentre l’edilizia muore lentamente in un clima di generale indifferenza, la Sicilia è impantanata in una campagna elettorale perenne, e non si riescono a ottenere risposte per un comparto alla deriva – commenta il presidente della Cassa edile di Palermo Fabio Sanfratello -. Intanto, le notizie di crolli di palazzine o infrastrutture, come strade e ponti, si susseguono da ogni parte della Sicilia, mentre le cronache politiche raccontano di fondi europei rimasti inutilizzati. È inaccettabile pensare che tre realtà di questo tipo possano convivere: chi oggi ha responsabilità di governo deve fare di tutto per impiegare le risorse disponibili per interventi infrastrutturali e di messa in sicurezza che potrebbero dare finalmente ossigeno alle aziende e ai lavoratori del settore delle costruzioni”.
“I lavoratori pagano due volte la crisi che ha colpito il settore – aggiunge il vecepresidente della Cepima, Raffaele Montaperto (Feneal-Uil) -. Da una parte perdono il lavoro, dall’altra, chi lo mantiene tra tante difficoltà, subisce ritardi di pagamento dei salari per via della mancanza di liquidità delle aziende. Un altro grave problema è determinato dalla lentezza della pubblica amministrazione e delle stazioni appaltanti che, nella migliore delle ipotesi, appaltano le opere dopo due o tre anni dai bandi di gara. Questo determina un allungamento degli effetti depressivi già innescati dalla crisi economica”.