PALERMO – Decine di abitazioni e, potenzialmente, centinaia di persone da sgomberare, forse anche alcune migliaia. Palermo, così come tutti i comuni dell’Isola, fa i conti con l’abusivismo ma soprattutto con il disegno di legge approvato dalla giunta regionale di Nello Musumeci che ha provocato lo scontro aperto con i sindaci siciliani: una querelle ad alta tensione nata dal ddl voluto fortemente dal governatore dopo la tragedia di Casteldaccia, in cui hanno perso la vita nove persone.
Ma al di là degli aspetti squisitamente politici, a impensierire i sindaci è la norma che prevede lo sgombero di tutte quelle abitazioni abusive in zone di inedificabilità assoluta o classificate come R3 ed R4, cioè ad alto rischio, dal Piano per l’assetto idrogeologico stilato dalla stessa Regione. A Palermo si parla di intere porzioni di territorio che vanno da Boccadifalco all’Addaura, da Capo Gallo a Sferracavallo, passando per Ciaculli: quartieri costruiti sotto montagne dai piedi d’argilla e in cui c’è il rischio crolli. Un’emergenza che non è certo una novità e per la quale servirebbero qualcosa come 300 milioni di euro, ma ad oggi ci sono quasi quaranta milioni previsti dal Patto per Palermo.
Ieri il consiglio comunale si è riunito proprio per fare il punto sulla situazione del capoluogo siciliano e l’assessore Emilio Arcuri non ha mancato di di sottolineare come l’approvazione del disegno di legge metterebbe in seria difficoltà il Comune. Ai sindaci, infatti, toccherebbe sgomberare immediatamente le abitazioni abusive, anche con sanatorie pendenti, con le famiglie che si troverebbero a dover trovare una sistemazione nelle more di interventi per i quali servono comunque tempi lunghi: le amministrazioni potrebbero aiutarle solo per i primi due mesi grazie a un fondo di rotazione con cui pagare affitti o alberghi, salvo poi recuperare le somme.
“Il Comune di Palermo non può accendere altri mutui con la Cassa depositi e prestiti, neanche per anticipare ai privati i fondi per i primi due mesi – ha detto Arcuri a Sala delle Lapidi – L’obbligo di sgomberare sarebbe perentorio e non terrebbe conto di quello che significherebbe in termini sociali. E’ un tema su cui bisogna ragionare e confrontarsi perché va sostanzialmente rivisto il provvedimento”. Anche perché Palazzo delle Aquile non dovrebbe fare i conti soltanto con le costruzioni abusive che già conosce, perché magari c’è una pratica di sanatoria in corso, ma anche con quelle di cui ignora l’esistenza. E poi ci sarebbe da capire cosa si intende per abusiva: se tutta la costruzione o anche solo una parte. Una sforzo immane per il Comune che da un anno e mezzo tenta di fare una verifica sulle abitazioni di Monte Gallo, ma senza risultati. “Ho nuovamente sollecitato la Polizia municipale in questo senso”, assicura Arcuri.
C’è poi il problema dell’abbattimento delle case abusive: nel bilancio di previsione 2018 il capitolo è stato rimpinguato, passando da 90 mila a mezzo milione di euro, e c’è pronto un accordo quadro da 2,5 milioni che coinvolge ditte che hanno già operato demolizioni in altre parti della Sicilia. Su dodici costruzioni la giunta ha già dato il via libera alle ruspe, e alcuni interventi sono già programmati per questi giorni, mentre entro la fine dell’anno Orlando e i suoi assessori dovranno deliberare su altri otto casi per i quali gli uffici stanno completando il calcolo delle spese da addebitare ai proprietari. Passaggi necessari, visto che in alcuni casi i ricorsi al Tar sono andati a buon fine proprio per il mancato calcolo dei costi. Ma gli abbattimenti seguono percorsi lunghi e non comprimibili. “Dall’individuazione dell’abuso al termine della procedura passano anche sei anni – ha detto Arcuri – C’è anche il caso clamoroso della sopraelevazione in via Libertà in un edificio vincolato e progettato da Giovan Battista Filippo Basile: nonostante il Tar non abbia concesso la sospensiva, non si riesce a eseguire l’ordinanza di sgombero. Il punto è che le demolizioni non sono compito esclusivo dei soli sindaci, ma anche delle Regioni”.
La seduta di ieri è stata però l’occasione anche per fare il punto sul maltempo, sul sistema fognario e sul rischio idrogeologico. In conferenza di servizi è arrivato il via libera per la nuova vasca di laminazione a Partanna, che consentiranno di tamponare il problema degli allagamenti, mentre è pronto il provvedimento del sindaco applicando il principio scientifico dell’invarianza idraulica: in pratica chi presenterà progetti con permessi di costruire dovrà, con uno studio documentato, dire che fine faranno le acque piovane che non vengono più assorbite dal terreno su cui si costruisce. Sul fronte allagamenti, allo studio anche la possibilità di usare il collettore nord come vasca di laminazione: si tratta di quell’opera che avrebbe dovuto portare le acque meteoriche fino al mare, ma che è rimasta monca perché a Capo Gallo è stata istituita la riserva naturale che impedisce qualunque sversamento.
Sul Ferro di cavallo, il canale che andrebbe ripulito con 5,5 milioni di euro ma su cui i lavori sono fermi da dieci anni, il Comune ha nominato la nuova direzione dei lavori e cambiato il Rup. La Regione che ha in mano i fondi li ha passati al commissario straordinario, ma nel frattempo il consorzio che si era aggiudicato la gara ha declinato l’invito a proseguire; due associati si sono fatti comunque avanti e la speranza è che il progetto non vada rivisto. Cattive notizie per lo smaltimento delle acque meteoriche nl centro storico, zona che, come dimostra quanto accaduto nelle scorse settimane, è soggetta ad allagamenti: le opere previste in via Porta di Castro sono state infatti escluse dal finanziamento del Patto per il Sud perché il centro storico non è classificato come R4. “L’esperienza ci dice il contrario, per questo proveremo a reinserire l’opera”, ha spiegato l’assessore.
Le 13 opere commissariate da Roma che riguardano le fognature procedono a passo di lumaca, ma sono ormai in dirittura d’arrivo le gare per le fognature in via Valenza e via Ponticello Oneto. In fase di aggiudicazione invece il sistema separato di via Messina Marine, bandito dal Comune per 11 milioni di euro, con il cantiere che dovrebbe aprire in tre mesi ed evitare gli allagamenti davanti all’ospedale Buccheri La Ferla.