CATANIA. Arriverà tra sette giorni esatti, lunedì prossimo, il momento della verità per Martina Patti, la madre ventiquattrenne che il 13 giugno scorso accoltellò a morte la sua bambina di 5 anni, la piccola Elena Del Pozzo, a Mascalucia, prima di seppellire il corpo vicino a casa e raccontare ai carabinieri di aver subito un’aggressione da parte di più persone con il volto travisato e armate, che avevano rapito la piccola. Lunedì prossimo si aprirà l’udienza preliminare per omicidio aggravato, occultamento di cadavere e simulazione di reato.
Nei mesi scorsi il suo legale, l’avvocato Gabriele Celesti, aveva annunciato a Live Sicilia l’intenzione di chiedere una perizia psichiatrica, rispondendo poi laconicamente alla domanda su come stesse la sua cliente, ovvero “male”. Lunedì prossimo potrebbe arrivare l’ora della richiesta, direttamente al gup. L’accusa di omicidio è aggravata dalla premeditazione, dall’aver agito per motivi abietti e futili e contro discendente. A chiedere il rinvio a giudizio è stato il procuratore aggiunto Fabio Scavone e il sostituto Assunta Musella. Lunedì prossimo Martina Patti comparirà di fronte al Gup Stefano Montoneri.
Sarà un momento importante anche indipendentemente da quello che sarà il destino processuale di Martina Patti, perché l’eventuale perizia psichiatrica, in qualche modo confermata già più di recente da fonti vicine alla difesa, potrebbe, ed è ciò che si spera, rispondere all’importante, struggente, interrogativo rimasto irrisolto relativo al movente del delitto. Martina Patti ha confessato l’omicidio, si ricorda, ma non ha mai fornito particolari spiegazioni circa il movente del delitto. Una delle ipotesi formulate dai carabinieri del comando provinciale di Catania che hanno indagato è stata una possibile vendetta dettata dalla gelosia nei confronti dell’ex compagno e padre di Elena. Una rabbia che le sarebbe covata dentro al punto da portarla a premeditare il delitto.
La ‘scintilla’ potrebbe essere stata la sera trascorsa da Elena con i nonni paterni e la felicità dimostrata dalla bambina nel frequentare la nuova compagna del padre. La sera prima di essere uccisa, la bambina ha dormito dai nonni. La mattina dopo la zia l’ha accompagnata all’asilo e la madre era andata a riprenderla per rientrare a casa, a Mascalucia. Poi Martina Patti è uscita nuovamente con l’auto, per creare un diversivo e ritornare nell’abitazione. È in quel lasso di tempo che sarebbe stato commesso il delitto, in un terreno abbandonato dove la madre ha seppellito ilcorpicino, nascosto in cinque sacchi di plastica nera e semi sotterrato con una pala e un piccone. Poi Martina Patti fece scattare la messa in scena: avvisò per telefono del falso sequestro i genitori e il padre di Elena, tornò a casa e subito dopo, accompagnata dalla madre e dal padre, andò dai carabinieri a denunciare l’accaduto. Ai militari dell’Arma associò il rapimento ad alcune minacce che nel 2021 l’ex convivente aveva trovato davanti al cancello di casa per una rapina. Per quell’episodio Del Pozzo era stato arrestato nel 2020 e poi assolto per non avere commesso il fatto. La versione di Patti non ha retto ai riscontri e alle indagini dei carabinieri.
Va precisato che per via delle aggravanti contestate dalla Procura il procedimento rientra nella legge 33/2019 relativa alla “Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo”. E questo non fa che accrescere l’attesa per l’udienza del 17 aprile, particolarmente importante perché costituirà un filtro preliminare importantissimo, specie se la difesa deciderà di chiedere la perizia psichiatrica. La magistratura requirente, va ricordato, si basa sulle indagini svolte dai carabinieri del nucleo investigativo e reparto operativo del comando provinciale di Catania e sull’intero materiale dell’inchiesta, compreso l’interrogatorio di Martina Patti e gli accertamenti del Ris di Messina.