Enna, finiscono in carcere per estorsione tre uomini di Cosa Nostra

Enna, finiscono in carcere per estorsione tre uomini di Cosa Nostra

"Vietarono" l'apertura di un'ottica a Leonforte
CONDANNE DEFINITIVE
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LEONFORTE – Tornano in carcere i tre mafiosi Giovanni Fiorenza, Mario Armenio e Giuseppe Viviano. “Sacchinedda”, “l’olandese” e “u catanisi” sono in cella da ieri. Si sono consegnati spontaneamente. E questo perché sono divenute definitive le loro condanne per estorsione. Il clan, in pratica, dieci anni fa vietò a un commerciante di aprire un’ottica in paese. La Cassazione si è espressa giovedì sera.

Due anni per Fiorenza e Armenio. Tre anni per Viviano. I tre lo avrebbero fatto per ingraziarsi i favori, non richiesti, di un altro ottico. Sta di fatto che quel gesto, escludere l’apertura di un nuovo negozio, per la Dda rientrava pienamente nel loro tentativo, invero alquanto velleitario, di controllo del territorio.

Giovanni Fiorenza, si ricorda, è colui che a un certo punto prese le redini del clan, come una sorta di “boss”, o comunque di referente locale. È stato condannato per associazione mafiosa aggravata al processo Homo Novus. Da qualche tempo si trovava libero a Leonforte. Viviano e Armenio erano due appartenenti al clan. Entrambi pregiudicati. Entrambi condannati in via definitiva.

Il pizzo alla discoteca

La pena inflitta a Fiorenza e Armenio è stata ritenuta in continuazione con la sentenza del processo Homo Novus. Libero fino a oggi era anche Viviano “u catanisi”, che qui è stato condannato a tre anni in continuazione. Viviano è stato ritenuto colpevole dell’estorsione dell’ottica e di una tentata estorsione. Quest’ultima sarebbe stata commessa ai danni di una discoteca aperta a Leonforte nello stesso periodo.

Al titolare sarebbero stati chiesti 100 euro come primo segnale della sua scelta di pagare la “protezione”. E gli sarebbe stato recapitato un avvertimento inquietante. il clan gli fece trovare una bottiglia di liquido infiammabile e due cartucce calibro 12. Nel frattempo, però, per boss e gregari della nuova mafia organizzata leonfortese erano scattati gli arresti.

L’inchiesta Homo Novus

Questo fece sì che il clan non ottenesse niente. L’indagine è uno stralcio dell’importante inchiesta antimafia condotta dagli agenti della sezione di Pg del Commissariato di Leonforte  e della Squadra Mobile di Enna, che posero la lente d’ingrandimento su tutte le attività del clan Fiorenza.

Il capo Giovanni, cognato del vecchio referente dell’Onorata società leonfortese Rosario Mauceri – mafioso e assassino estraneo a questa inchiesta, in carcere all’ergastolo –, nel 2013 riuscì a creare un clan mafioso e a farlo riconoscere dal boss provinciale di Cosa Nostra Salvatore Seminara, detto “zio Turi”. Il tutto aiutato dai due figli Alex e Saimon.

A coordinare le investigazioni fu il sostituto procuratore di Caltanissetta, oggi procuratore aggiunto, Santi Roberto Condorelli, il magistrato che ha coordinato quasi tutte le più importanti reazioni dello Stato contro la mafia operante nel territorio ennese.

Fiorenza è difeso dagli avvocati Giovanni Palermo e Ones Benintende, che difende pure Viviano. Armenio è difeso dall’avvocato Giuseppe Gullotta.

 L’associazione antiracket

“A Leonforte si era creato un clima di omertà che destabilizzava gli operatori economici a svolgere le proprie attività”. Lo afferma una nota dell’associazione antiracket di Leonforte, che “plaude al lavoro svolto in questi anni dalla Polizia”. “Oggi con questi ulteriori arresti si può guardare al futuro con ottimismo – conclude – con la speranza che le attività di Cosa Nostra vengano sempre perseguite in maniera sinergica”.

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