PALERMO – “I laici e i religiosi senza ordini sacri in nessun modo e in nessun caso possono pronunciarsi su eventuali possessioni, vessazioni, ossessioni o infestazioni diaboliche, senza aver ricevuto esplicito permesso per iscritto da parte del Vescovo diocesano”. Sono parole decisamente assertive e non ammettono fraintendimenti. Si tratta, infatti, del primo punto del decreto promulgato ieri dalla Conferenza episcopale siciliana su esorcismi e preghiere di guarigione e liberazione.
Il decreto
Se è vero che la pratica dell’esorcismo è diminuita rispetto al passato, anche a motivo delle crescenti diagnosi psichiatriche, sono comunque in molti coloro che vi ricorrono. Per questo motivo la Cesi è intervenuta con lo scopo dichiarato di mettere ordine, neutralizzare l’improvvisazione ed evitare abusi e facili suggestioni.
Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e presidente della conferenza dei vescovi di Sicilia, ha spiegato: “Le pratiche religiose sono importanti per esprimere e mantenere una prassi unitaria all’interno delle comunità di fede. Attraverso la preghiera comune – ha detto – la partecipazione ai sacramenti e l’osservanza dei rituali religiosi, i fedeli vivono la comunione con gli altri credenti”.
Giuseppe La Placa, vescovo di Ragusa e delegato Cesi per la Pastorale esorcistica, ha aggiunto: “In questo decreto è centrale la cura, l’attenzione e la premura nei confronti di questi nostri fratelli che sono posseduti o vessati dal demonio. Si tratta di un servizio reso agli esorcisti, a coloro che si occupano di questi nostri fratelli con fragilità, ma nello stesso tempo si rivolge a tutto il popolo di Dio”.
Il rischio della spettacolarizzazione
A cosa si riferisce? Il rischio è spesso la spettacolarizzare, con adunanze pubbliche dove verificano urla, parolacce e talvolta bestemmie “che possono turbare – segnala il documento – i fedeli presenti, in special modo quelli più deboli”.
“Non bisogna alimentare la curiosità morbosa verso la preghiera di liberazione” ha spiegato Fra Benigno, esperto di pastorale esorcistica. “Bisogna aver cura anche dei fratelli più fragili e non sottoporre nessuno a preghiere di liberazione comunitarie. Ecco perché – ha concluso – i vescovi, giustamente, intervengono a regolare questi punti”.