Il dibattito su L’Unità continua. Dopo l’articolo di Valter Rizzo che riportava il dato delle zero espulsioni da Confindustria per inottemperanza al nuovo codice etico, Ivan Lo Bello – presidente della svolta di Sicindustria – ha risposto sciorinando i numeri delle aziende espulse dall’associazione. Ieri, nella rubrica delle lettere del quotidiano di Concita De Gregorio, Valter Rizzo è tornato sull’argomento. E non è stato il solo. Con lui, Luca Cangemi – segretario regionale di Rifondazione comunista – e Clelia Papale, di Federconsumatori. Ecco i loro interventi.
Confindustria in Sicilia (Valter Rizzo)
La politica di legalità condotta da Confindustria Sicilia è stata importantissima, ha avuto vari protagonisti, tra essi sicuramente anche Ivan Lo Bello. Per questo domande e considerazioni seppur scomode, come quelle presenti nel mio articolo del 30 agosto, ho pensato andassero poste. Caratterizzando la battaglia di legalità, Lo Bello aveva pubblicamente promesso che sarebbero stati espulsi coloro che pagavano la mafia e non denunciavano. Mi sono chiesto, proprio perché considero importantissima tale azione, quante siano state queste espulsioni, al netto di quelle provocate da inchieste giudiziarie o dalla mancanza del certificato antimafia.
Quanto a Catania, Lo Bello scrive che la nomina di Ennio Virlinzi, già all’epoca inquisito, è stata determinata dal fatto che si trattava dell’ultimo past president. Ho verificato che non vi son norme statutarie che la imponevano e che dopo di lui vi sono stati Rosario Leonardi e Alfio Massimino. Quella nomina, dunque mi appare come una libera scelta che, in maniera altrettanto libera, può essere criticata. Infine non ho trovato alcuna campagna mediatica contro il presidente Lo Bello.
Solo precise questioni (Luca Cangemi)
Valter Rizzo (l’Unità, 30/8/2010) ha il merito di porre questioni precise sull’attività del presidente della Confindustria siciliana, che una campagna mediatica davvero martellante ha imposto come figura angelica. In realtà la linea degli industriali ha a che fare, più che con un astratto rinnovamento, con la ristrutturazione del potere economico (e politico) nell’isola. In questo s’incrocia con la triste vicenda del governo Lombardo (in cui la Confindustria ha espresso una rappresentanza diretta). Porre questi problemi non significa sposare le posizioni di altri settori imprenditoriali, significa analizzare la realtà. A partire da vicende catanesi, che la lettera di Lo Bello affronta solo dal punto di vista della giurisprudenza confindustriale, sorvolando sul ruolo giocato in città da Virlinzi e da altri. Ancor più interessante sarebbe misurare il cosiddetto rinnovamento di Lo Bello sulle proposte di politica economica nell’attuale, drammatica,fase della società siciliana.
Esempio di coraggio e speranza (Clelia Papale)
Ivan Lo Bello è per i siciliani onesti un esempio di coraggio e un motivo di speranza che la lotta alla mafia non sia ridotta a sterile ed innocua declamazione. Un imprenditore siciliano, presidente regionale della Confindustria, che non esita ad alzare la voce e pretende ed impone un codice di comportamento limpido a cui devono attenersi, pena l’espulsione, gli aderenti alla sua associazione è un fatto che non ha precedenti nella mia terra: per la prima volta a schierarsi, senza se e senza ma, nella lotta alla mafia è una parte consistente e rappresentativa dell’imprenditoria siciliana! È anche un fatto come questo che ha dato forza ai ragazzi di “AddioPizzo”, a Palermo come a Catania, alla battaglia coraggiosa e non più solitaria di Rosario Crocetta, alla testimonianza quotidiana di donne come Rita Borsellino e Maria Falcone. Noi siciliani sappiamo che l’indebolimento e l’isolamento di chi, come Ivan Lo Bello, è impegnato in prima linea nella lotta alla mafia è ciò che la mafia stessa si augura per continuare indisturbata, a riflettori spenti,i propri affari condannando cos la Sicilia ad un destino di illegalità, arretratezza e violenza.