E’ stato estradato in Italia Giuseppe Falsone (qui con la “nuova” faccia dopo gli interventi a cui si è sottoposto), il boss agrigentino, arrestato lo scorso 10 giugno a Marsiglia. E’ stato consegnato alla polizia dalla gendarmeria francese, dopo aver oltrepassato la frontiera di Ventimiglia. Sarà rinchiuso in un carcere di massima sicurezza italiano. Falsone, detto “Ling Ling” era latitante dal ’99. E’ inserito nell’ elenco del ministero dell’Interno dei 30 ricercati più pericolosi. Secondo i magistrati è l’attuale reggente di “cosa nostra” della provincia di Agrigento, e capo della famiglia mafiosa di Campobello di Licata. L’11 aprile del 2006, in occasione della cattura di Bernardo Provenzano, nel covo di “Montagna dei Cavalli” furono rinvenute delle lettere che, per stile e contenuto, sono state attribuite a Falsone. L’ascesa criminale di Falsone Giuseppe fu segnata dall’uccisione del padre e del fratello maggiore, assassinati a colpi di fucile, nella ‘guerra’ tra mafiosi e stiddari, avvenuta negli anni 90, tra il territorio dell’agrigentino e del nisseno.
Per l’omicidio di un appartenente ad una famiglia di “stiddari“, gli Ingaglio, il boss agrigentino è stato condannato all’ergastolo. Falsone avrebbe commesso il delitto per vendicare la morte del padre e del fratello. Alla famiglia Falsone sono stati sequestrati beni mobili ed immobili per svariati milioni di euro. L’estradizione è arrivata dopo che la Corte di Cassazione francese ha rigettato il ricorso proposto dai legali del boss che sostiene di chiamarsi Giuseppe Sanfillo Frittola, di essere catanese e di non avere nulla a che fare con la mafia. Secondo i giudici, invece, nonostante le diverse sembianze, dovute per gli inquirenti a una plastica facciale, non vi sono dubbi che la persona finita in manette a Marsiglia a fine giugno sia Falsone. Gli avvocati dell’ex capo mafia agrigentino il legale francese Caroline Bremond e Giovanni Castronovo, che lo difenderà in Italia, stanno valutando la possibilità di proporre ricorso alla Corte di Giustizia Europea di Strasburgo. La difesa sostiene che c’é stato un errore di persona.