CATANIA – E’ buona e cattiva, spettacolare e terrificante, bramata e temuta. L’Etna, a “Muntagna” che i catanesi sanno essere femmina, potrebbe essere descritta con una lunga lista di ossimori, tanto contraddittorio risulta il rapporto con la comunità che risiede alle sue pendici. La stessa contraddizione è quella che Carmelo Ferlito, docente di vulcanologia all’università degli studi di Catania, evidenzia nell’ordinanza prefettizia dello scorso febbraio, che vieta l’accesso alla parte sommitale del vulcano per pubblica incolumità. A pochi giorni dall’anniversario dell’inserimento nella World Heritage List – celebrato dalle istituzioni con tanto di manifestazioni, mostre e chi più ne ha più ne metta – si ripropone la questione della tutela di un patrimonio che l’Unesco ha riconosciuto universale e da proteggere ma che, a quanto pare, non è semplice da gestire, tutelare, valorizzare, spesso proprio alla luce di evidenti paradossi.
“Questi decreti sono inutili – spiega Ferlito – e illogici. E’ previsto l’accesso libero fino a 2500 metri, dopo di che è vietato salire, se non si ha la guida, ma solo fino a quota 2900. Oltre è vietato per tutti”.
Paradossalmente, dunque, senza guida non si potrebbe andare a
prendere l’impianto di risalita per la Montagnola, che è al di sopra della stazione della funivia, e nemmeno affacciarsi dalla funivia stessa una volta arrivati in cima. Ma, al di là dei paradossi, quello che sottolinea Ferlito è la dannosità di un provvedimento che è stato preso partendo da un punto di vista, secondo il vulcanologo, errato. “Non bisogna porsi la domanda se l’Etna sia o meno pericolosa – spiega. E’ ovvio e nessuno potrà dire il contrario, che sull’Etna ci sia pericolo perché è un vulcano attivo e perché è una montagna, con il ghiaccio, la nebbia, il freddo. I pericoli ci sono tutti e tanti, ma questi sono i rischi di cui è consapevole chi ama la montagna. Fa parte del senso stesso di questo tipo di attività”.
Ma l’ordinanza prefettizia, non solo non sarebbe appropriata: potrebbe infatti avere anche conseguenze negative, in primo luogo su coloro che amano le attività in montagna, le escursioni. “Il provvedimento prefettizio può comportare numerosi problemi, a cominciare da quello filosofico spirituale. Io insegno vulcanologia dal 2004 – prosegue Ferlito – che è una materia di terzo anno della facoltà di Scienze Geologiche. Gli studenti, a inizio di anno in maggioranza non sono mai stati sul cratere centrale. Hanno paura. Quindi, questi divieti che si sono ripetuti nel corso degli ani, stanno creando soprattutto nei giovani, che dovrebbero essere quelli che si dovrebbero avvicinare alla conoscenza del territorio perché dovranno gestirlo, un distacco terribile che difficilmente potrà essere colmato. Eppure – sottolinea il professore – già l’imperatore Adriano, saliva sul cratere dell’Etna. Questo clima di divieto sta producendo danni etici alla popolazione – continua – i cui effetti si vedranno in futuro”.
Non si limita all’aspetto etico della vicenda, Ferlito, che sottolinea anche i risvolti economici che l’interdizione della parte sommitale e della Valle del Bove potrebbe avere. “Il dramma economico che questo divieto sta provocando, non lo sta facendo tanto nei confronti delle guide o agli operatori di resort turistici che per adesso lavorano – afferma. Il danno sarà evidente tra qualche anno, quando il divieto reiterato di salire sul cratere impedirà sostanzialmente di inserire l’Etna nei pacchetti turistici del tour operator. Questo comporterà una diminuzione notevole dei turisti in Sicilia, perché vengono soprattutto per l’Etna, che è una cosa unica e che c’è solo qua. Tra l’altro – evidenzia – è proprio quella parte che é stata di arata patrimonio dell’umanità dall’Unesco”.
Secondo il professore, di questi danni dovrà rispondere chi ha deciso di vietare l’acceso. “Deve prendersi la responsabilità morale, civile, economica e sociale – aggiunge: questa è la denuncia che dobbiamo fare, una denuncia che faccio come vulcanologo. Chiunque vieti l’Etna deve rendersi conto che questi non sono divieti a costo zero, ma hanno un impatto altissimo dal punto di vista antropologico”.
E di approccio sbagliato, quello di vietare le aree naturali cercando di “metterle in sicurezza”, parla Legambiente. “La natura non è un cantiere che devi mettere in sicurezza con degli standard e con le leggi – spiega Roberto De Pietro, dell’associazione ambientalista etnea. L’Etna è natura e questa non deve essere regolarizzata. Metà del vulcano, quella raggiungibile, è sommersa dai rifiuti – prosegue – da cemento e da discariche. Quella più naturale, è oggi interdetta”.
Legambiente si pone contro quella che definisce la volontà di
addomesticare le aree naturali che è l’opposto di quello che dovrebbe essere fatto. Anche la realizzazione della pista sommitale, in sostituzione al quelle distrutta dalla colata dell’ottobre scorso, per l’associazione contrasta con l’aspetto naturale dell’Etna. “E’ una pista realizzata per portare le persone in quota – aggiunge De Pietro, quindi non per la sicurezza, e questo quando si sa che tutte le strutture che si trovano in lì sono geologicamente condannate”.
La situazione, in ogni caso, metterebbe in pericolo il riconoscimento dell’Unesco. “Quando si dice Etna patrimonio dell’umanità si dice una cosa imprecisa – conclude. Non è il vulcano tutto: il patrimonio dell’umanità è solo la parte limitata alla zona A del parco dell’Etna, che è quella al di sopra della zona boschiva, proprio per le caratteristiche relative di primogenita. Cioè è un paesaggio primitivo, non intaccato dall’uomo. Il mondo dà un riconoscimento alla parte sommitale del vulcano per la sua naturalità e nel frattempo vietiamo la fruizione del patrimonio”.
Parco dell’Etna. Concorda con la tesi espressa da Ferlito, Marisa Mazzaglia, presidente dell’Ente gestore del Parco dell’Etna. “In linea di puro principio qualsiasi limitazione in questo senso non è accettabile – afferma – e infatti molti si lamentano. Occorre aumentare la segnalazione, i controlli e le informazioni nei confronti di turisti e visitatori – continua: questa sarebbe la chiave di volta necessaria per aprire alla fruizione. La mia posizione personale, comunque – aggiunge – è che chiunque possa fruire. L’ordinanza, inoltre, ha un risvolto negativo perché non è possibile garantire notte e giorni il controllo e molto spesso – conclude – i visitatori superano il confine e corrono dei rischi”.