Alchimie pallonare. Eugenio Corini che, da capitano coraggioso, era la pupilla di ogni cuore rosanero, ha cambiato ragione sociale, suo malgrado. Da eroe, passando sulla panchina, una volta salutato con nostalgia il campo che fu, è diventato il perfetto antieroe. Quello che tutti vogliono cacciare per ‘leso giochismo’ e per qualche balbettio di troppo. Il pubblico del ‘Barbera’ – ricordiamolo – è competente, ma, ogni tanto, sbaglia. Come quando alcuni non capirono il talento di Edinson Cavani. Come quando altri non compresero il genio di Fabio Liverani.
Finora, comunque, un po’ a denti stretti, i fatti gli hanno dato ragione. La vittoria sul Brescia è frutto di un suo ‘mumble muble’, come certe sconfitte. La posizione in classifica è buona. Non è che la squadra incanti. Alle volte appare dinamica come la vecchia Cinquecento ingolfata della zia. Sempre riflessi emotivi e psicologici che frenano lo slancio? Si ha l’impressione che l’armamentario tattico potrebbe essere perfezionato. Chi vivrà vedrà.
Un profilo nuovo, però, c’è. Corini il mister, nella dialettica, prende spesso le pose di Eugenio il capitano, più di ieri. La sciabola ha sostituito il fioretto. Basta rileggere alcune dichiarazioni: “Questa partita certifica che nel momento di difficoltà di quest’anno la squadra ha risposto presente. Hanno avuto i coglioni, vincere a Palermo è più difficile che in altre piazze“. Il richiamo della foresta, il linguaggio ruspante del comandante in mezzo alla battaglia. Non elegantissimo, ma non inappropriato, rispetto al contesto.
Lo avevamo, sommessamente, suggerito il ritorno alla tuta, più che alla giacca. Non abbiamo la presunzione di pensare che il Genio abbia seguito il nostro consiglio, ma ci fa piacere che si sia, probabilmente, consigliato da solo.