La capocciata di Stulac, quel coraggio inutile nel disastro rosanero

La capocciata di Stulac, quel coraggio inutile nel disastro rosanero

La catastrofe rosanero contro il Catanzaro

La capocciata di Stulac è l’eroe che non arriva in tempo, Di Caprio che annaspa nel mare gelido intorno al Titanic, Superman che ha perso la coincidenza, Goldrake che ha dimenticato il maglio perforante a casa. Vale a dire: un atto di coraggio che non serve a niente, o serve a poco, se non a rappresentare l’ultimo sventolio della bandiera, circondati da un nemico in forze soverchianti. La metafora è cinematografica, non reale, ma calzante. Tutti asserragliati, nelle scene epiche, intorno a quel poco che resta di non sbrindellato del vessillo, mentre intorno regna l’effigie di un disastro. Purtroppo, l’epica non fa classifica.

Ieri si sono giocate diverse partite. Quella in campo che ha visto il Palermo sportivamente ridicolizzato dal Catanzaro. Quella del buon Eugenio Corini che continua a raccontare una gara che soltanto lui ha visto. Quella del cuore rosanero dei tifosi che non si capacitavano di tanto sfacelo, che inviavano whatsapp indignati pure ai cugini in Australia e che hanno sgranato gli occhi, annotando l’imperturbabilità montata intorno a uno psicodramma tecnico e tattico evidentissimo. “Partita gagliarda”, dixit l’allenatore. E buonanotte ai suonatori.

Ora, se ci incontriamo davanti allo stadio, tra tifosi e aficionados, per selezionare una squadretta da mettere in campo contro la Juventus, sicuramente giocheremo una partita gagliardissima. Ma perderemo ventisettemila a zero. Dunque, l’analisi finale dovrebbe volgersi verso altro. E la valutazione complessiva farebbe meglio a tenere presente i sussulti di un ambiente che si va disamorando, perché non ne può più.

In un simile bailamme la capocciata di Stulac rappresenta l’ultima cavalcata della cavalleria, un attimo prima del patatrac. Può essere il prologo di una rinascita o una semplice fiammata. Al momento, nella sua illusione di riprendere un destino già capovolto, fa più male che bene. Ma non resta che questo: il monumento al coraggio più inutile che c’è.


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