PALERMO – Associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione di materiale pedopornografico, rapina, usura, estorsione. La lista dei “reati gravi” che, se commessi dai lavoratori, comportano l’esclusione dal bacino degli ex Pip è stringata ma già sta facendo discutere. Gli uffici dell’assessorato al Lavoro l’hanno messa insieme nei giorni scorsi, e più di recente è passata anche al vaglio della commissione di merito a Palazzo dei Normanni.
I provvedimenti di espulsione dal bacino sono già cominciati mesi fa: tra i “cacciati” c’era chi aveva un reddito familiare superiore ai 20.000 euro l’anno, “troppo ricchi”, secondo il presidente della Regione, per ricevere un sussidio mensile da poco più di 800 euro. Ma tra gli ex Pip c’è anche chi è stato in carcere, prima e dopo il 2001. E’ quello l’anno che fa da “spartiacque”. Il bacino è stato creato allora, e serviva innanzitutto a riabilitare in società gli ex detenuti che avevano scontato la pena.
Qualcuno, però, una volta messo a lavoro, ha violato la legge ancora una volta. Alcuni di loro dicono di essere circa in 300, su più di tremila precari. E non hanno gradito affatto la scelta dell’assessorato di inserire nella lista dei reati che comportano la cacciata immediata , quelli di cessione e vendita di stupefacenti, o quelli “meno gravi” di alcuni tipi di rapina. “Così mandano a casa circa 300 lavoratori che nella maggiorparte dei casi non commettono reati da più di otto anni”, commenta qualcuno di loro. Ed in effetti, nella Legge di stabilità regionale approvata l’anno scorso, un articolo apposito stabiliva che il sostegno al reddito non poteva essere più erogato in caso di “azioni contrarie all’ordine pubblico, al patrimonio o alle persone”. Cioè per quei lavoratori che avrebbero commesso reati da quel momento in poi. Ma i provvedimenti di espulsione fatti dal governo nell’ultimo anno hanno di fatto reso, di fatto, quella legge retroattiva, visto che “punisce” anche chi ha carichi pendenti risalenti, appunto, agli anni successivi al 2001.
Un provvedimento che verrà attuato per via amministrativa e che non è piaciuto neanche ad alcuni dei parlamentari che “difendono” la causa del Pip ormai da mesi. Per esempio il deputato del Partito democratico Fabrizio Ferrandelli: “Trovo corretta l’opera di moralizzazione che si vuole portare avanti – ha detto il parlamentare renziano – , credo però che occorrerebbe dare un’altra possibilità anche chi ha ricevuto una condanna dopo il 2001 con una pena che è al di sotto dei 4 anni. Inserirli nel bacino, assegnandoli ai servizi esterni, sarebbe una sorta di affidamento ai servizi sociali, così com’è accaduto con il caso Berlusconi. Scommettere sulla funzione rieducativa del lavoro potrebbe essere la chiave di volta per aiutarli definitivamente a voltare pagina”.
L’assessorato giudato da Giuseppe Bruno e dal dirigente generale Anna Rosa Corsello, però, ha diviso i reati in due categorie: gravi e meno gravi. In base a questa lista verrà determinato caso per caso (esaminando i singoli casellari giudiziali di ognuno dei precari) chi può restare e chi no. Chi ha commesso reati gravi dopo il 2001 verrà escluso, così come chi dopo quella data avrà reiterato un reato “meno grave”. Tra questi, detenzione illecita di sostanze stupefacenti, emissione di assegni a vuoto, furto, invasione di edifici e terreni, violazione delle norme in materia di controllo dell’attività urbanistica, ricettazione, truffa, gioco d’azzardo, scommesse clandestine, maltrattamento di animali, guida senza patente o in stato di ebbrezza, omicidio colposo, rissa, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, appropriazione indebita, contraffazione, ingiurie e minacce, falsificazione di monete, fallimento, bancarotta fraudolenta, violazione di obblighi di assistenza familiare, violazione di domicilio, danneggiamento, trasporti abusivi.
Verranno salvati, invece, tutti quei lavoratori che questi reati li hanno commessi anche dopo il 2001, ma soltanto una volta. E tra questi c’è anche chi ha rubato energia elettrica, o per anni ha firmato assegni a vuoto. Tutti loro potranno restare nel bacino degli ex Pip – e quindi ricevere il sostegno al reddito di 800 euro al mese – ma non potranno essere assegnati alle Pubbliche amministrazioni. Insomma, non potranno prestare servizio in scuole, dove alcuni di loro facevano i portieri o si occupavano di giardinaggio o manutenzione, non potranno neanche stare nei tribunali, dove qualcuno si occupava ad esempio degli archivi, e naturalmente non potranno lavorare negli enti locali, dove la maggiorparte faceva accoglienza.
Tutti loro verranno assegnati a “servizi esterni” che – spiega l’assessore – avranno la dimensione di una sorta di servizio sociale: pulizia delle spiagge o degli ospedali, per esempio, ma come dice Bruno “i percorsi sono ancora in via di definizione”. Ma con una riserva: se tra i Pip c’è qualcuno che si è macchiato di associazione a delinquere di stampo mafioso, sarà comunque fuori. Come raccontano alcuni deputati della commissione Lavoro dell’Ars, infatti, è intenzione del governo escludere i precari che nei loro casellari giudiziali dovessero riportare una condanna per mafia. Anche se il reato è stato commesso prima del 2001, anche se quei lavoratori, insomma, erano entrati nel bacino proprio in seguito alla condanna.
E nel frattempo, i lavoratori continuano a protestare davanti a Palazzo dei Normanni. “Stiamo qui ad oltranza – dicono – : hanno salvato i ricchi, adesso trovino un modo di salvare anche noi”.