Faccia a faccia negli uffici della Dia. Uno di fronte all’altro fino a pochi minuti fa c’erano Massimo Ciancimino e l’amico Giuseppe Avara. Si è parlato della dinamite trovata a casa di Ciancimino jr in via Torrearsa a Palermo. Il figlio di don Vito avrebbe smentito alcune ricostruzioni fatte da Avara, indagato nello stesso procedimento. Non è una cosa di poco conto visto che nella misura cautelare per il possesso dell’esplosivo, il gip Sestito aveva espresso pesanti valutazioni sulla ricostruzione di Ciancimino. Ha fatto, si leggeva nel provvedimento, “affermazioni di per sé assai poco plausibili e prive di sufficiente riscontro, oltre che in buona parte smentite da Avara”.
Sui punti della ricostruzione che sarebbero stati smentiti finora poco trapela. Una cosa appare certa. Avara, in una delle stanze della Direzione investigativa antimafia, avrebbe confermato di avere gettato parte dell’esplosivo in un cassonetto della spazzatura. E’, però, cambiato il luogo. Non più in via Isidoro La Lumia, ma in una strada non lontano dal Palazzo di Giustizia. Una vicenda ingarbugliata che lo diventa ancora di più sulla base di alcune dichiarazioni rese nei giorni scorsi da Ciancimino ai pm Di Matteo, Guido, Ingroia e Sava. L’indagato ha detto di avere trasportato la dinamite da Bologna fino a Palermo nel portabagagli della sua Land Rover. E di avere pure progettato di disfarsene durate la traversata dello Stretto di Messina. Solo che le pareti del traghetto erano troppo alte. Impossibile buttare i candelotti in mare.