Salvo Fleres non parla molto. Il garante dei diritti dei detenuti ascolta. E riapre da un cassettino della memoria la storia di Francesco Cardella. La sua condanna a un anno e quattro mesi per spaccio di sostanze stupefacenti. La reclusione, arrivata lo scorso 3 maggio. Il trasferimento al carcere di Paola, in Calabria. Poi il triste epilogo, lo scorso giugno, quando le sue bambine trovarono la morte sulla Salerno-Reggio Calabria, nel viaggio per rivedere il loro papà. Quell’incontro non ci fu mai, impedito da un cavillo burocratico.
“Sono assolutamente favorevole” è il primo commento di Fleres. “Salvo che non ci siano motivi dettati dal tipo di reato per il quale il detenuto è stato condannato, la pena deve essere scontata nel luogo di residenza della famiglia. Capita spesso che per motivi di sovraffollamento sia necessario un trasferimento, sinceramente non sono a conoscenza dei motivi per cui Cardella fu trasferito”.
I giornali scrissero che l’allontanamento da Palermo sarebbe stato dovuto a una lite con un agente di polizia penitenziaria. “Vede – aggiunge il garante dei diritti dei detenuti – anche qualora si fosse trattato di uno screzio, anche lì non si può fare un ragionamento senza considerare il sovraffollamento delle carceri. La situazione è invivibile e gli animi esasperati. Ed ecco che diventa più facile arrivare allo scontro, spesso dettato da futili motivi. Certo – commenta ancora Fleres – mi suona strano che un disguido con una guardia abbia comportato addirittura l’allontanamento dalla Sicilia, in questi casi spesso accade che i detenuti trasferiti per motivi disciplinari siano spostati in un’altra struttura all’interno della stessa Regione”.
Oggi Live Sicilia lancia una campagna, per chiedere il ritorno a Palermo per Francesco. “Accolgo volentieri la vostra sollecitazione – conclude Fleres – su una proposta che considero più che legittima. Per questo farò il possibile per sollecitare il ritorno di Francesco a casa”.