Trizzino: "Sui rifiuti manca una strategia a lungo termine" - Live Sicilia

Trizzino: “Sui rifiuti manca una strategia a lungo termine”

Carenza di impianti e piano da rifare: ecco qual è la situazione
L'INTERVISTA
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PALERMO – Giampiero Trizzino, avvocato esperto in diritto dell’ambiente ed ex deputato regionale del Movimento Cinquestelle, fa il punto sullo stato dell’arte dell’emergenza rifiuti in Sicilia. Dalle conseguenze della sentenza sulla discarica Oikos del Consiglio di Giustizia Amministrativa alla carenza di impianti per il trattamento della spazzatura passando per l’odissea del piano dei rifiuti, Trizzino accende i riflettori sull’atavico tallone d’Achille dell’isola. 

Trizzino, che cosa determina la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la discarica Oikos?

La decisione del CGA è l’epilogo di una storia travagliata che ha visto coinvolta anche la Commissione ambiente dell’Ars. Durante la mia presidenza decisi di sentire sindaci ed associazioni ambientaliste e ciò che apparve fu l’immagine allarmata di una comunità fortemente preoccupata per il suo stato di salute.

  Il fatto che a distanza di tempo arrivi una sentenza che dichiara che quella discarica era priva delle autorizzazioni necessarie all’esercizio rende giustizia a quella comunità. 

La chiusura di Oikos, di certo, sul piano organizzativo provoca una situazione di non facile risoluzione. Avendo sempre meno discariche a disposizione ed essendo il sistema di gestione dei rifiuti ancora legato a percentuali di raccolta differenziata modeste, il ricorso alla spedizione dei rifiuti all’estero resta purtroppo la soluzione principale. Attualmente siamo nell’ordine di 300 euro a tonnellata per rifiuto indifferenziato trattato, ovvero oltre il triplo di quanto solitamente dovrebbe pagarsi. Queste cifre, assolutamente spropositate, si riflettono sulla tassa dei rifiuti che infatti sta lievitando in molti i comuni dell’isola.

Quali conseguenze ci saranno per la raccolta dei rifiuti nell’isola?

Quello che manca in Sicilia – oltre ad una politica ambientale seria che guardi alla tutela del territorio come una opportunità di sviluppo e non come un costo – è una rete di impianti di trattamento. 

Quando parlo di impianti non mi riferisco solo a quelli che trattano i rifiuti indifferenziati, ma anche (anzi soprattutto) a quelli che recuperano le frazioni differenziate. Senza questi ultimi si potrà anche arrivare a percentuali di raccolta differenziata molto elevata, ma sarà assolutamente inutile. Finché non si decide di investire su di essi, con molta difficoltà la Sicilia potrà uscire dal vortice della emergenza. 

Non basta lavorare solo alla destinazione dei rifiuti indifferenziati (che, lo ricordiamo, con i nuovi obblighi comunitari dovranno essere sempre meno), ma soprattutto a ciò che può essere recuperato. Questo per due motivi: si abbassa lo stress ambientale che subisce il territorio e si ottengono vantaggi economici dalla vendita delle materie recuperate.

Quello dei rifiuti resta un tasto dolente. Ci aiuta a tracciare un quadro?

La storia recente della politica siciliana sui rifiuti è così contorta che da sola basterebbe ad ispirare un autore di romanzi gialli.

Partiamo dalla ordinanza 513 del 2018 con la quale Musumeci viene nominato commissario straordinario, con poteri speciali per la realizzazione di una serie di interventi, tra cui la VII vasca di Bellolampo. Da allora sono passai 6 anni e nonostante questo lasso di tempo, nonostante i poteri speciali, la VII vasca è ancora solo sulla carta. Se tanto mi dà tanto, utilizzando gli stessi poteri che oggi si vorrebbero conferire a Schifani, per fare due inceneritore ci vorranno almeno 15 anni. Il tempo necessario a far sì che le direttive sulla economia circolare impongano il 100% di rifiuti da recuperare. Così quando gli inceneritori saranno realizzati non serviranno più a nulla.

Ma andiamo avanti. Tre anni dopo, nel 2021, viene emanato (direi finalmente) il piano regionale dei rifiuti, firmato da Musumeci. Un piano che nonostante i difetti, non tiene conto dell’incenerimento. 

Musumeci, però, neppure tre mesi dopo cambia idea e a giugno dello stesso anno, pubblica una nota che dice esattamente il contrario: “l’Amministrazione regionale è interessata allo svolgimento di un’indagine esplorativa finalizzata … alla costruzione di due termoutilizzatori”. Dunque ricapitolando, a marzo siamo tutti d’accordo che le discariche, con i dovuti accorgimenti saranno capaci di gestire la frazione indifferenziata, a giugno no. 

Da qui in avanti si apre un balletto di dichiarazioni che non solo confonde le idee, ma peggio dimostra la mancanza di visione strategica. Assistiamo ad una campagna elettorale nella quale si sostiene che la strada dei termovalorizzatori è già tracciata, che non è possibile tornare indietro, eccetera. Poi vince il centro destra e si inizia a cambiare parzialmente idea: adesso di inceneritori ne serve solo uno.

Poi si afferma che la manifestazione di interesse di Musumeci è carta straccia e che il piano dei rifiuti va riscritto. Poi interviene l’assessore Di Mauro e cambia di nuovo versione: non va bene un solo inceneritore, ne servono due, ma questa volta il secondo non più a Gela, ma a Palermo. 

L’ultima notizia in ordine di tempo è che Schifani (allo stesso modo di come aveva fatto Musumeci) vorrebbe poteri speciali per realizzare gli inceneritori. Cosa che ovviamente non potrà ottenere, essendo i poteri speciali vincolati da una norma del Codice dell’ambiente che richiede delle condizioni ben precise che al momento in Sicilia non sono presenti.

A che punto è il famoso piano dei rifiuti?

Se le dichiarazioni di Schifani restano quelle che ho detto prima, il piano dei rifiuti va necessariamente riscritto perché quello approvato neppure due anni fa non prevede gli inceneritori. Dunque servirà altro tempo.  

La cosa più grave è che abbiamo aspettato anni per avere un piano dei rifiuti e adesso che lo abbiamo, ne vogliamo un altro completamente diverso, buttando all’aria anni di lavoro. Questo significa non avere una strategia di lungo termine. 

Che ruolo possono giocare i termovalorizzatori sui quali il governo regionale vuole scommettere?

I termovalorizzatori potevano avere un senso negli anni ’80 in quei territori che non avevo a disposizione discariche. Costruirli oggi è come comprare un’automobile di 40 anni quando nel garage ne hai già un’altra della stessa età e con gli stessi identici problemi. Piuttosto nelle more di costruire quegli impianti di cui parlavamo, basterebbe, per i rifiuti indifferenziati, avvalersi di impianti di produzione del CSS che con il Decreto “aiuti-quater” oggi posso essere impiegati con più facilità in sostituzione delle fonti fossili. Non sarà la migliore soluzione sostenibile, ma di certo non richiede i tempi biblici degli inceneritori e di certo non ci costringerebbe ad utilizzarli per decenni.


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