Finocchiaro, i legali insistono: |"I pizzini sono un tema di prova" - Live Sicilia

Finocchiaro, i legali insistono: |”I pizzini sono un tema di prova”

Orazio Finocchiaro, esponente del clan Cappello, è accusato di essere uno dei "promotori" della cosca e di aver ideato un progetto per uccidere un pm. Ecco i temi principali affrontati dagli avvocati Francesco Strano Tagliareni e Giuseppe Marletta nella loro arringa difensiva.

CATANIA –  Senza la prova della paternità del progetto di uccidere un magistrato della Procura di Catania non si può accusare Orazio Finocchiaro di essere uno dei promotori del clan Cappello. Per gli avvocati Francesco Strano Tagliareni e Giuseppe Marletta la mancanza della prova sarebbe causata dalla scelta del Tribunale, non condivisa dai difensori, di respingere la richiesta di una perizia calligrafica tra i pizzini e il saggio grafico di Paolo Leone, il detenuto indicato dallo stesso imputato come colui che aveva compilato per suo conto i documenti del carcere. Quei moduli hanno rappresentato il materiale di confronto della polizia scientifica che era stata delegata dalla Procura – alla fine del 2011 – a comparare i famosi pizzini consegnati da Giacomo Cosenza alla magistratura dove era contenuto l’ordine di fare fuori un pm. Senza questa consulenza per i due avvocati il Tribunale non potrà affermare che a scrivere i bigliettini sia stato lo “scrivano” (così è stato battezzato nel corso del lungo dibattimento)  perchè mancherà la prova scientifica.

A questo punto – a dire della difesa – mancherebbe il capisaldo dell’accusa che attribuisce ad Orazio Finocchiaro un nuovo ruolo all’interno della cosca Cappello: da semplice affiliato a responsabile. Per Giuseppe Marletta la contestazione del capo d’imputazione parte proprio dal “progetto di attentato”, anche perchè le altre prove portate dalla Procura fanno parte di un altro procedimento già a carico di Finocchiaro come organico di un’organizzazione dedita al traffico di droga. L’avvocato si riferisce alle rivelazioni del collaboratore Natale Cavallaro e all’intercettazione di una lettera in cui Finocchiaro darebbe disposizioni in merito a una piazza di spaccio. Elementi di prova già al vaglio di un altro tribunale, e quindi “estranei” – secondo il difensore – a questo processo.

Torniamo ai pizzini. L’avvocato Strano Tagliareni dedica la sua arringa interamente a questa parte del processo, che l’avvocato definisce “straordinario” perchè “straordinario è l’episodio” di un progetto (anche solo embrionale) di uccidere un magistrato. Una cosa mai accaduta in questa parte di Sicilia, in cui la mafia ha sempre operato con una strategia diversa rispetto a quella stragista della cupola palermitana. Il difensore ripercorre passo dopo passo le tante perizie e i tanti periti che si sono seduti sul banco degli interrogatori dell’aula del palazzo di via Crispi. Da Caccamo che aveva escluso la compatibilità tra i pizzini e la grafia di Finocchiaro, ma la cui perizia presentava molte lacune, al collegio di consulenti nominati dal Tribunale. Anche per i tre periti a scrivere i bigliettini non è stato l’imputato, a questo punto si è aggiunta la “probabilità” di compatibilità con la grafia di Giacomo Cosenza, l’uomo che consegna i bigliettini incriminati agli inquirenti. Una probabilità però esclusa con certezza dagli uomini del Ris che hanno effettuato la stessa comparazione su delega della Procura. A questo punto arriva l’avvocato Giuliano, perito di parte dell’accusa, che effettua una nuova consulenza calligrafica e che porta nuovamente in aula l’ipotesi dello scrivano del boss. Per lui a scrivere quei pizzini è la stessa mano che ha compilato i moduli per conto di Finocchiaro in carcere.

Ed è qui che arriva il nome di Paolo Leone, l’imputato lo indica (e lo aveva già fatto a Tolmezzo prima dell’apertura del dibattimento) come colui che aveva scritto i moduli da detenuto. Strano Tagliareni, evidenziando ancora una volta quanto sarebbe stato importante e auspicabile fare una nuova perizia calligrafica che avrebbe portato oltre a una nuova prova processuale un elemento fondamentale per l’accertamento di una verità che coinvolge anche l’opinione pubblica, ricorda che nel periodo a cui fa riferimento Cosenza (negli ultimi mesi del 2011) non c’è codetenzione tra Finocchiaro e Leone.

Ma torniamo a Giacomo Cosenza: la persona che avrebbe ricevuto l’ordine di uccidere il pm e che ha consegnato i pizzini agli inquirenti. L’avvocato fa cenno alla storia criminale di Cosenza che definisce “il pendolare del pentimento” visti i suoi precedenti comportamenti mentre collaborava con la giustizia. Condotte che lo hanno portato nel passato fuori dal programma. E c’è un elemento in più che evidenzia il difensore Giuseppe Marletta: Orazio Finocchiaro ha disconosciuto il “rapporto” tra lui e Cosenza e non ci sono elementi (secondo il difensore) che provano “contatti” tra i due.

 

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