PALERMO – Una domenica mattina a Bagheria. A bordo di una Smart viene intercettata una conversazione. “Minchia mi dispiace di questo che hanno ammazzato”. Non è una domenica qualunque. Il giorno prima hanno crivellato di colpi Francesco Nangano per le strade di Brancaccio. A parlare dell’omicidio è Sergio Flamia, mafioso bagherese e nuovo collaboratore di giustizia. Che aggiunge: “Mi dispiace prima per lui e secondo perché ora succede l’inferno”.
Si riferiva alla reazione degli investigatori oppure ad una possibile guerra di mafia? C’è un dato certo: Flamia e la vittima si conoscevano personalmente. Ecco perché il neo pentito potrebbe conoscere i segreti di uno dei più recenti delitti di mafia commessi a Palermo. Uno dei tanti di cui ha notizie. Indirettamente o direttamente, per avervi partecipato in prima persona.
Un mese dopo l’omicidio Nangano il collaboratore di giustizia ei Ficarazzi, Stefano Lo Verso, di Flamia racconta che “fa parte della famiglia mafiosa di Bagheria. … da una vita…”. Di lui si ricorda bene perché “nel 2004 l’ho conosciuto di presenza che me lo portò al deposito Giuseppe Comparetto… e dove Sergio Flamia doveva fare degli interventi diciamo, facendo parte della famiglia mafiosa di Bagheria vicino a Onofrio Morreale… dovevano commettere un omicidio dove doveva essere partecipe pure lui, che dovevano uccidere Nicola Mandalà a Bagheria e a quella riunione c’era pure Sergio Flamia, Onofrio Morreale e Giuseppe Comparetto che dovevano essere le persone che dovevano attaccare a Nicola Mandalà”.
E non è tutto, perché Lo Verso ricorda che “alla riunione del 2004 c’era presente pure lui quando ci fu la riunione che erano tutti armati, pronti per fare la guerra con i villabatesi e per uccidere… il primo da uccidere doveva essere Gino Mineo”. Un progetto omicidiario non andato in porto. Mineo sarebbe stato arrestato nel 2008.
Ma Lo verso parla anche di delitti commessi. Dice di avere saputo da Comparetto che “lui (Flamia ndr) aveva commesso diversi delitti in compagnia di Onofrio Morreale… mi diceva che aveva commesso il delitto… quando ci fu alla Matrice che uccisero Nino il Carabiniere, Scaduto, dice che fu Sergio Flamia… dice: mio padrino e Sergio Flamia, avevano la barba, il cappellino, non li ha riconosciuti nessuno… e altri omicidi fra cui il Comparetto mi diceva che avevano ucciso un tale una volta, si trovavano alla Punta Guglia, c’era un negozio di ottica dice, e il Morreale si abbracciò con questo titolare del negozio di occhi… di ottica, e il Comparetto dice: ah se sapessi, dice, di tuo suocero, chi lo ha ucciso! Ho detto: perché? Dice: perché, suo suocero non fu mio padrino dice, con Sergio? Però dove è stato l’omicidio non lo so e chi è questo soggetto io non lo so, so che è il suocero che è morto, di questo, di questo che aveva l’ottica alla Punta Guglia”.
La collaborazione di Flamia, dunque, potrebbe essere decisiva per dare un volto ai killer di parecchi omicidi. A Cominciare da quello di Nangano, il boss che, sulla base di una nota dei servizi segreti, era in rotta con i vertici del clan di Brancaccio. Si parlava di contrasti con Nino Sacco. Sacco è in carcere da un anno e mezzo. La sezione Criminalità organizzata della Squadra mobile lo piazza nel triunvirato – Nino Sacco, Giuseppe Faraone e Cesare Lupo – alle dipendenze di Giuseppe Arduino che gestiva il clan sotto l’egida dei fratelli Graviano. Detenuti al 41 bis, ma signori incontrastati di una grossa fetta della periferia di Palermo.