CATANIA – Tra il 2001 e il 2013, 1.600.000 persone hanno lasciato il Sud Italia verso il Nord, in cerca di sbocchi professionali: giovani laureati per la quasi totalità. Partendo da questo dato, il collettivo catanese Aleph ha elaborato un rilevamento statistico volto ad investigare le cause di una situazione che, di anno in anno, va aggravandosi; per la precisione, si tratta di una conricerca. “E’ un metodo d’indagine messo a punto negli anni Sessanta, spiega il coordinatore Fabrizio Cappuccio: “E’ caratterizzato dalla presenza interna e attiva dei ricercatori stessi, in prima persona. L’obiettivo della prima fase di questo lavoro è evidenziare la relazione tra attivismo sul territorio e scelta di emigrare”.
L’analisi, infatti, ha avuto inizio, mediante appositi questionari, tra i movimenti antagonisti: collettivi, centri sociali e gruppi di pressione quali il NO MUOS; per ragioni di ampiezza, l’ambito partitico-istituzionale non è stato incluso. Il secondo passaggio analizzerà le esperienze di militanti emigrati negli ultimi cinque anni, il terzo sarà invece rappresentato da interviste e questionari proposti a persone politicamente non attive. S’intende concludere il rilevamento entro l’inizio del 2016 e, nel giro di un paio d’anni, opporre iniziative pratiche all’avanzare dei meccanismi definiti di “svilimento del capitale umano” nel Meridione.
L’ambiente siciliano è considerato un banco prova, il cui modello di ricerca potrebbe essere esportato. Anche il nome dell’iniziativa esprime l’intento degli ideatori di passare da una volontà individuale -“io resto”- ad un’azione territoriale, un “fare” valido per la collettività. Al centro sociale “Auro”, si sono tenuti due incontri volti a discutere i primi risultati della conricerca. Il primo, cui hanno partecipato studenti medi da diverse regioni del Sud, ha gettato luce sui meccanismi che conducono i laureati a proseguire gli studi al Nord, anche in via momentanea, mentre i lavoratori sarebbero maggiormente inclini a risiedere stabilmente.
Si è ribadita l’insufficienza delle strutture universitarie a fornire appoggi concreti ai laureati, in ciò anche penalizzate dallo spostamento dei finanziamenti statali da Sud a Nord. Esiste poi un paradosso, ha fatto notare la militante Ludovica Intelisano: dall’indagine risulta come persone appartenenti a classi sociali “elevate” (si riconosce il limite di queste ed altre definizioni di classe sociale), magari di formazione umanistica, siano maggiormente disposti a spostarsi verso Nord.
Queste stesse persone appaiono anche meno radicate alle realtà locali. Viceversa, elementi di estrazione proletaria sembrano dimostrare un maggior attaccamento al territorio e la determinazione a volervi restare. Al crescere dell’estrazione sociale, sembra anche aumentare l’idea che l’emigrazione possa essere un’opportunità o, quantomeno, un danno inevitabile.
Nel secondo incontro, Fabrizio Cappuccio ha esposto i risultati della conricerca e coordinato il dibattito che ne è seguito. Dallo spoglio dei dati, rielaborati in grafici, è emersa la generale volontà di non andarsene, insieme all’altrettanto diffusa sfiducia nelle nuove riforme istituzionali. Tra le affermazioni maggiormente condivise: “Rimanere significa avere a cuore la propria terra”; nell’ottica dei militanti, ciò continuerà a tradursi in un impegno capillare partendo dal microcosmo dei quartieri. Così ha raccontato uno dei presenti: “Non per andarmene, ma soprattutto per crescita personale, ho fatto il cameriere in Inghilterra per sei mesi.
Ma il senso di vicinanza coi compagni è stata una delle ragioni per ritornare: mi sento dentro un progetto nel quale non ho ancora fatto del tutto la mia parte”. Un’altra militante ha delineato la situazione dell’ateneo messinese: anche da qui si va via dopo la triennale, in mancanza di riscontro dopo la mole di studio sostenuto: Bologna è tra i rifugi per chi vuol specializzarsi. Malgrado la mancanza di riscontro sia una percezione comune, tra le ragioni per rimanere prevalgono i legami affettivi, seguiti dall’identità territoriale: questa appare più sentita nei piccoli centri e, tra i capoluoghi, maggiormente a Catania e Palermo. L’attività di ricerca condivisa proseguirà quindi sul doppio binario dell’analisi e dell’attività politica: “quella con la P maiuscola, quella quotidiana (…) al di fuori da mega operazioni economico-istituzionali”, come affermano gli esponenti di Aleph.

