Quali effetti potrebbe avere l’impugnativa del Commissario dello stato sul disegno di legge che riproponeva la richiesta, da parte della Regione, del mutuo da 550 milioni? E su quali basi Carmelo Aronica ha deciso di cassare le norme? Le risposte, le darà la Corte Costituzionale, di fronte alla quale il governo ha deciso di fare ricorso. Ecco, intanto, le motivazioni dell’impugnativa del Commissario Aronica.
Tutto gira attorno alla definizione di “investimento”. Solo per spese di quel tipo, infatti, una Regione può richiedere un mutuo. E il principio è ribadito più volte nel testo del Commissario dello Stato che sottolinea come il concetto non possa essere in nessun modo “liberamente interpretato” da un governo regionale. Che non possono esserci, insomma, ambiguità. “Codesta Corte – scrive il Commissario Aronica riferendosi alla Consulta – ha altresì sancito che spetta alla legge dello Stato definire cosa si intende a questi fini per ‘indebitamento’ e per ‘spese di investimento’. Non si tratta infatti – prosegue Aronica – di nozioni il cui contenuto si può determinare a priori, in modo assolutamente univoco, sulla base della sola disposizione costituzionale, ma si è in presenza di concetti che si fondano su principi della scienza economica, che non possono dare spazio a regole di concretizzazione connotate da una qualche discrezionalità politica”. Nella nozione di ‘investimento’, spiega il Commissario, va compresa unicamente la spesa “da cui deriva un accrescimento ‘diretto’ del patrimonio dell’ente pubblico che la sostiene”.
Insomma, non spetta al presidente della Regione né all’assessore dell’economia attribuire il bollino di “investimento” a un determinato intervento. “Non è ammissibile – si legge infatti nell’impugnativa – che ogni ente, e così come ogni regione, faccia in proprio le scelte di concretizzazione delle nozioni di investimento”.
No al mutuo per la compartecipazione ai Fondi europei
Quindi, per giustificare questi interventi bisogna che sia chiaro il fine della spesa. E qui iniziano i problemi. Una prima censura del Commissario, infatti, riguarda la scelta del governo di utilizzare quasi 67 milioni per il 2012 e quasi 70 milioni per il 2013 come quota di compartecipazione al Piano operativo 2007/2013. Insomma, la quota che la Regione deve mettere “di tasca propria” per portare avanti i progetti finanziati dai Fondi europei. Una scelta che, secondo Aronica, è inspiegabile, visto che “è a priori escluso che si possa ricorrere al mutuo per finanziare la quota regionale degli interventi a valere sul fondo sociale europeo (FSE), in quanto quest’ultimo è rivolto a realizzare misure in favore dell’occupazione e del mercato del lavoro, difficilmente riconducibili alle tipologie di investimento”. Una “mossa” quella del governo, utile per sveltire, probabilmente, una spesa dei fondi comunitari dai dati assai allarmanti. Ma lo strumento utilizzato, quello del mutuo, sarebbe appunto improprio.
Saltano i soldi per i Forestali
Il Commissario, poi, come detto, ha cassato tutta una serie di norme riguardanti i boschi e le foreste. In particolare, bocciata la scelta di far confluire 170 milioni di euro in un capitolo riguardante “la ricostituzione dei boschi deteriorati e distrutti da incendi, appartenenti non solo al demanio regionale ma anche a quelli a qualsiasi titolo nella disponibilità dell’Azienda regionale foreste demaniali”. E che si tratti del capitolo di spesa relativo al pagamento degli stipendi dei Forestali è in qualche modo esplicitato poche righe dopo dal Commissario, quando precisa: “tali opere, di norma, sono eseguite dall’amministrazione regionale in economia, avvalendosi direttamente delle prestazioni di circa 27.000 operai stagionali”. Ma le attività dei Forestali, per il Commissario dello stato, riguardano “la mera manutenzione” e il mantenimento in vita delle situazioni esistenti. Insomma, niente a che vedere con gli investimenti, anche in questo caso. Gli stessi principi sono stati ribaditi nel riferimento ad altri capitoli di bilancio cassati e riguardanti la manutenzione dei boschi e il contrasto degli incendi.
Niente fondi all’Esa e ai Consorzi di ripopolamento ittico
Il governo, poi, aveva previsto l’erogazione di 12 milioni circa per l’Ente di sviluppo agricolo (Esa). Anche in questo caso, l’intervento aveva la finalità di sostenere gli stipendi “di personale precario”, al quale una legge regionale del 2006 aveva assicurato “179 giornate lavorative”. “È di tutta evidenza – scrive Aronica – che l’intervento di cui trattasi non assume connotati tali da poterlo qualificare come investimento finanziabile con l’indebitamento. La stessa amministrazione regionale, – aggiunge – nel chiarire gli interventi finanziabili con il ricorso all’indebitamento, include anche opere quali ‘lo scerbamento della vegetazione presente nelle strade’ che non sono riconducibili alla comune nozione di investimento”. E molto netto, infine, è il Commissario nel cassare la parte del ddl nella quale si prevedeva il finanziamento dei consorzi di ripopolamento ittico. “Il capitolo prevede addirittura che il contributo in favore dei consorzi ittici costituiti da enti pubblici locali possa essere destinato al funzionamento degli stessi e pertanto non è compatibile con la definizione di investimento finanziabile attraverso il ricorso all’indebitamento”. Adesso, però, a giudicare sugli stessi argomenti, potrebbe essere proprio la Corte Costituzionale. Il governo, infatti, ha deciso di andare avanti e prmulgare la legge integralmente. Lo scontro tra Regione e Stato, finora sotterraneo, insomma, è definitivamente esploso.