“Ho sentito il bisogno di raccontare la storia di Francesca Morvillo. Da sempre abbiamo raccontato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, come era sacrosanto che fosse. Ma cosa sappiamo della dottoressa Morvillo, oltre al fatto che era la moglie di Falcone?”. Felice Cavallaro, inviato del ‘Corriere della Sera’, come spiega lui stesso, ha voluto saldare un debito con la memoria con il suo nuovo libro: ‘Francesca, storia di un amore in tempo di guerra’ (ed. Solferino). Ed è sempre lui a guidarci nel sentiero semplice e tragico, oltre i ruoli e le circostanze, del legame che univa un uomo e una donna, filtrato, soprattutto, attraverso gli occhi di lei.
“Francesca Morvillo – dice Cavallaro – è stata una protagonista della lotta alla mafia, combattuta accanto ai magistrati del pool, non solo per la vita blindata e i rischi, ma anche perché, con Giovanni Falcone suo marito, rileggevano insieme gli atti giudiziari di notte, per esempio. E, se c’era una retata in programma, il giudice si portava i fascicoli a casa, magari per rivederli con sua moglie. Era preparatissima. Magistrato, figlia, sorella e moglie di magistrati. Una ragazza che si diploma giovanissima, che si laurea in tre anni e vince il concorso. Ma si impegna anche nel doposcuola a Borgo Vecchio e insegna ai figli dei carcerati, ai bambini che hanno il papà detenuto e che stanno per strada. E lì si trova davanti alla sofferenza e al dolore di quelle famiglie”.
Una vita che verrà spezzata nelle sue ipotesi future. Il 23 maggio del 1992, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani muoiono nell’attentato di Capaci. “Una esistenza segnata dall’impossibilità di essere normali – continua Cavallaro -. Progetti una vacanza? Un omicidio e sei nel gorgo del dolore. La scorta che accompagna i movimenti, il non potere uscire fuori a cenare da soli… Un sogno di normalità che si era realizzato soltanto nelle ultime settimane, a Roma. E quando qualcuno tenta la carneficina all’Addaura, con la bomba, lei torna nella casa di via Nortarbartolo e scrive un biglietto: “Giovanni, amore mio, sei la cosa più bella della mia vita”. Un grido di infinito amore, nell’infinita guerra contro la mafia.
Francesca Morvillo e Giovanni Falcone, un uomo e una donna. Di loro, Giuseppe Ayala, che era amico di entrambi, narrava: “Se non fosse successo quello che sappiamo, sarebbero invecchiati insieme, felici. Si amavano moltissimo. Non si scambiavano mai effusioni in pubblico. Infatti, io, talvolta, protestavo: ‘E datevelo un bacio’. Loro sorridevano, un po’ imbarazzati. Ma ricordo le occhiate, gli sguardi che testimoniavano, oltre l’amore, una sintonia e una comunanza assolute”. Ma non ci fu il tempo di invecchiare. Non ci fu nemmeno un attimo in più.