Uomo dalla schiena dritta. Uomo delle istituzioni. Uomo glaciale, ma forte. Uomo del poco clamore e della molta perseveranza. Eppure – a scrutare la nostra fotografia di copertina – Sergio Mattarella, probabile dodicesimo presidente della Repubblica, lanciato da Renzi personalmente in persona al Quirinale, sembra volersi sottrarre, con un gesto fugace, alla precipitazione di elogi e preci piovuta sui giornali. Anzi, pare che non voglia starci nemmeno nella foto, che sia in procinto di evadere, segando una sbarra, per calarsi in un meno affollato altrove.
Il clima spirituale dell’interessato appare qui nella sua istantanea permanente: una nebbiolina di occhi, dietro le lenti da professore, il volto severo votato al sacramento del silenzio. I lampi sono proibiti. I tuoni, interdetti. Le emozioni, un apostrofo trasparente tra l’articolo e il sostantivo che tratteggiano la principale qualità del personaggio: l’assenza.
Francesco Merlo, su ‘Repubblica’, proprio così l’ha descritto il ‘Mattarellismo’, un dosaggio di accorti silenzi e strategiche sparizioni: “Sergio Mattarella, come faceva anche il suo amico Martinazzoli, risponde con benevoli suoni gutturali, monosillabi di circostanza: ‘Dire niente in maniera incomprensibile è un esercizio diffuso. Capisco che riesca difficile accettare l’antidoto del dire niente per essere compresi’. Mattarella è uno di quei campioni del silenzio – scrive Merlo – che sono molto più numerosi e importanti di quel che si creda nell’Italia delle chiacchiere”.
Già la frase citata nel ritratto spiega tutto, un po’ richiamando il latino di Moro decifrato da Sciascia. Poi, si capisce come l’altro campione sul ring, cioè Giuliano Amato, alla “squagliata della neve” – l’attimo improrogabile della resa dei conti – sia leggermente sfavorito, non solo per non essere un renziano di complemento, ma per non essere mai stato un democristiano di ferma prolungata, per non avere mai respirato quella scuola peripatetica che, dietro lo scudo crociato, tramandava l’arte del nondire.
Il giudice costituzionale Sergio Mattarella, presidente in pectore per volontà di Matteo, in questo momento supremo ce lo raffiguriamo proprio come nella foto. Schivo. Refrattario alla grandinata di elogi che immancabilmente segue il carro del possibile vincente, pronta al rinculo nella malaugurata ipotesi della sconfitta. In ombra. Nel silenzio di chi sa che – per il potere come per la vita – l’assenza è sempre più acuta presenza, che certe sfide vanno affrontate con la schiena dritta, ma, soprattutto e preferibilmente, di schiena.