Funerale e lacrime: "Malvina, addio" - Live Sicilia

Funerale e lacrime: “Malvina, addio”

La morte della figlia di Lollo Franco
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Dove sarà Lollo Franco, nel palcoscenico di questa notte oscura? In quale quinta nascosta starà ripassando la parte immensa del dolore che il copione ha messo a tradimento tra le sue dita di padre? Il destino gli ha intimato: leggi la trama. E Lollo si è trovato sopra il cuore il macigno di una figlia morta. Lo cercano Lollo, la notte prima del funerale di Malvina, nella chiesa che avrebbe dovuto ospitare la veglia. Tuttavia, il rito notturno dell’accompagnamento all’alba non si compirà. Il corpo di Malvina, nello stesso momento, è sotto la luce di un altro rito: l’espianto degli organi. Occhi, fegato e cuore, mentre gli amici invocano il padre, prendono il primo volo della generosità.

Lo cercano, comunque, gli amici. Cercano Lollo nell’intimità della notte del lutto. Il cielo palermitano è tranquillo sopra San Luigi, in via Ugdulena. Sono compagni di sogni e di teatro. Sono comici e attori. Ed è fatale che l’aspettativa dello strazio si sciolga nel timido calore delle barzellette. Prima una battuta, poi l’altra, poi un’altra ancora. Sono i grandissimi attori palermitani da strada che tentano di dare fiato al buio, di accendere una lucetta per Malvina. Lo fanno nell’unico modo che conoscono, col sorriso che non è stonatura, è solo una inconsueta poesia del commiato. Sì, sono i grandissimi attori palermitani. Somigliano a bambini piccoli che si inventano buffoni per il sorriso della mamma, per dimenticare l’impronta urticante di una terribile bua. Lollo Franco non c’è, Malvina nemmeno. La tela sul primo atto cala senza che i protagonisti si siano fatti vivi.

Lollo appare il giorno dopo, per il funerale. Intorno a lui un pubblico addolorato e partecipe. Come usa alle esequie, si comincia chiacchierando di circostanze amene. Pure l’attesa di una tragedia di Shakespeare spesso inizia con le noccioline sgranocchiate in sala e il trillo dei telefonini. Infine, entra Amleto e mozza il fiato della platea. Lollo Franco sembra il principe di Danimarca un minuto dopo l’incontro col fantasma di suo padre. Solo che ha appreso il dolore estremo troppo tardi, quando i capelli sono bianchi e non c’è vendetta che tenga. E il velo del fantasma nasconde una figlia amatissima. Il feretro scivola in chiesa seguito dal popolo minuto del cordoglio. Molte ragazze sciolte in un pianto irrefrenabile. Tante persone che celano il riflesso delle lacrime con gli occhiali scuri. L’attore Giorgio Li Bassi, invece, affronta la bestia a petto in fuori. Con le pupille scoperte. Così anche Alessandro Bronzini, eccellente pittore, con la faccia che prende via via i mille colori della tavolozza. Don Filippo Sarullo alterna comprensione terrena a speranze celesti: “E’ assurdo perdere una figlia a vent’anni, lei è risorta nella Pasqua di Cristo”. Prima ancora c’era stata la chiusura della bara in chiesa. Teneri ronzii di trapano, quasi a non volere offendere le orecchie. Ma li sentono tutti. E tutti piangono con la guancia appoggiata sulla spalla di qualcuno. Le parole di don Sarullo lasciano spazio al profumo dell’incenso. Secondo copione, è questo il momento del distacco nel terzo atto della dolce vita e della morte di Malvina Franco.

Una ragazza la ricorda così al microfono: “Sapevi volgere il male in bene”. E trasformare l’amaro in miele. E seminare fiori al posto di orribili crepe. Per questo coloro che amavano Malvina, adesso, vorrebbero che tutto fosse un terzo atto alla De Filippo, di quelli che si concludono col lieto fine, con la pastasciutta fumigante. Invece è una tragedia vera, firmata dalla vita, l’autore più inflessibile che c’è. L’unica misericordia è calare il sipario e fare finta di non vedere il monologo del dolore infinito, dietro la maschera in lacrime di un padre.


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