PALERMO- “Il problema sa qual è? Che, dopo una giornata di lavoro, può capitare che uno si senta inadeguato. Svolgi bene il tuo compito e lo sai, ma la domanda che arriva è incontenibile rispetto all’offerta”. Alla sei e mezza pomeridiane di un giovedì, Massimo Geraci, primario del pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo, è l’immagine riflessa di tanti altri medici dell’urgenza e del pubblico. Che credono nella loro opera, che ci tengono, ma che si deprimono perché non è possibile dare una risposta a tutti.
Dottore Geraci, la chiusura dell’ortopedia di Villa Sofia, al momento, sembra scongiurata. Ma l’esodo verso il privato continuerà.
“Siamo davanti a una emergenza che non è nuova e che è preannunciata. La sanità pubblica è in affanno. Forse in default”.
Perché?
“Per scelte politiche del passato, per mancata programmazione, perché non si è ancora capito che il pubblico ha bisogno di un supporto. Ed è giunto il momento che la politica lo capisca e si svegli, dopo anni di abbandono. Sa perché la baracca regge?”.
Dica.
“Per l’ostinazione di chi resta al suo posto, nella sanità pubblica. Per quei pochi medici che corrono a turare le falle. Per chi ha scelto di garantire a tutti l’universalità e la gratuità delle cure. Insisto, ci vuole più coraggio”.
Per fare cosa?
“Per esempio, resistere alla richiesta irrealistica di certe politiche locali che vorrebbero a tutti i costi un ospedale sotto casa, anche quando può rappresentare una falsa sicurezza”.
In che senso?
“Noi abbiamo la precisa consapevolezza che ciò di cui ha bisogno il cittadino in termini di qualità e adeguatezza delle prestazioni è oggi fortemente pregiudicato dalle famose scelte programmatorie e del passato, ma anche del presente quando si pensa che un pronto soccorso o un presidio ospedaliero aperto ‘a tutti i costi’, ancorché estremamente carenti di organico, siano meglio della chiusura”.
Lei non ci pensa mai a un futuro nel privato per sé?
“Io, nella mia mente, ho soltanto il timore di quello che potrebbe succedere con il crollo del sistema che non è un’ipotesi remota. Sarebbe necessario valorizzare le professionalità di una missione, in termini economici e reali”.
Lei giudica chi passa al privato?
“No, affatto, non giudico, né condanno. Sono scelte legittime che posso comprendere. Ma, in generale, è anche il tradimento del senso più profondo del nostro impegno. L’articolo 32 della Costituzione è il caposaldo di una sanità per tutti”.
Voi, al Civico, come state?
“La nostra efficienza sta un po’ calando proprio per l’aumento vertiginoso della domanda che provoca stress. Nell’ultimo anno dodici medici sono andati via dal pronto soccorso. Non era mai successo”.
Tiriamo le somme, dottore Geraci?
“Vorremmo che, più che sulla stanchezza e sul disagio, si focalizzasse l’attenzione sul coraggio di una scelta. E’ facile decidere di abbandonare un ambito lavorativo indubbiamente molto più disagiato di altri, ma il fatto di scegliere di restare a presidiare il baluardo ultimo della sanità pubblica rappresenta un bene inestimabile per tutti i cittadini”.