Gigi Riva, 'hombre vertical'. La vita di un mito che ha sofferto

Gigi Riva, ‘hombre vertical’. La vita di un mito che ha sofferto

Il dolore, il ricordo e la leggenda

“Riva, cos’avrebbe fatto se non fosse diventato calciatore? «Il contrabbandiere». Era un calcio impastato di ironia, di rabbia, di umanità. Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti come nella canzone di Conte. Non tornerà più perché il castello è cresciuto e le fondamenta sono sempre bugie. Ma se uno mi chiedesse di stringere Riva (Giggirrivva) in due parole, dovrei ricorrere allo spagnolo: hombre vertical”. Così Gianni Mura concludeva un’epica intervista di qualche anno al mito del calcio, Gigi Riva, morto ieri. Il soprannome ‘Rombo di tuono’ glielo aveva dato un altro monumento del giornalismo: Gianni Brera, fondatore di un linguaggio iperbolico, con tutto il resto. Brera e Mura, anche loro, sono stati inghiottiti dalla sorte che lascia intatta, almeno, la memoria della bellezza.

Una vita di sofferenza

Raccontò ancora Mura: “Ugo Riva, il padre, era tornato dalla prima guerra mondiale con una medaglia di bronzo al valore. Aveva fatto il sarto, il barbiere, poi era entrato in fonderia. Una scheggia di ferro schizzata via dalla pressa lo passa da parte a parte, come fosse in guerra. Muore il 10 febbraio del ‘ 53. Edis, la madre, lavora in filanda e arrotonda facendo pulizie nelle case dei meno poveri”. Pure la madre morì e Giggirriva venne cresciuto dalla sorella Fausta, scomparsa nel 2020. Tanta sofferenza, combattuta da un cuore riservato e indomito. I segni di una battaglia erano visibili, già nel periodo giovanile, sui lineamenti di un viso che sembrava scolpito nella roccia.

Il cordoglio di Mattarella

“Tanti italiani, e io tra questi, apprendono l’improvvisa notizia della morte di Gigi Riva con autentico dolore”. Così, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato “Rombo di tuono”. Il Capo dello Stato ha reso omaggio “ai suoi successi sportivi, al suo carattere di grande serietà, alla dignità del suo comportamento in ogni circostanza gli hanno procurato l’affetto di milioni di italiani anche tra coloro che non seguivano il calcio”.

Il ricordo dei compagni di viaggio

Un’epica con il pallone a spicchi e il bianco e nero della televisione: in questa storia collettiva maturò l’epopea di Gigi Riva. Tutti ricordano che la famosa semifinale Mondiale con la Germania (superfluo ricordare il risultato), quella del gol di Rivera, fu anche teatro di una saetta mancina di Riva, inscritta nell’album delle cose indelebili. La memoria dei compagni di viaggio onora l’amico. “Perdo un fratello, abbiamo passato tanti anni insieme, dormivamo insieme con il Cagliari e con la Nazionale, perdo una persona che è stata importante per me”, dice Ricky Albertosi, portiere magico e volante. Mentre Dino Zoff, altro mito condiviso, dice: “A Gigi mi legano tante cose, abbiamo fatto il servizio militare assieme, poi vincemmo gli Europei del 1968 e abbiamo continuato con le altre nazionali, fino al 2000 quando io ero il ct e lui era dirigente. Avevamo un grande rapporto, era impossibile non essergli amico”. Nell’addio di Rombo di tuono si avverte, nitido, il rombo dei cuori. E della nostalgia.


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