PALERMO – Risentire tutti i collaboratori di giustizia. Passa da questa tappa giudiziaria la decisione sul sequestro dei beni dell’imprenditore Giuseppe Ferdico. Il patrimonio del re dei detersivi dallo scorso luglio è in amministrazione giudiziaria. Il Tribunale per le misure di prevenzione ha deciso di spostarsi in trasferta, a Roma, il prossimo 11 gennaio per l’audizione dei pentiti che hanno chiamato in causa Ferdico.
Le prove raccolte nei confronti dell’imprenditore non sono bastate alla Procura per chiedere di processarlo. Sulla terza richiesta di archiviazione il giudice deve ancora pronunciarsi. Il materiale probatorio è stato, però, sufficiente a fare scattare il sequestro dei punti vendita della Ferdico Giuseppe & C snc – una dozzina di market e il centro commerciali di Carini – oltre a case e terreni per un valore complessivo di 450 milioni di euro.
L’attività di Ferdico è stata scandagliata dai finanzieri. La sua vertiginosa scalata imprenditoriale ha destato sospetti. Niente riscontri concreti, però, alle accuse di concorso in associazione mafiosa e riciclaggio. Da qui le richieste di archiviazione nonostante le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia su uno dei più noti imprenditori della grande distribuzione in città. In particolare, i pentiti misero a verbale che i fratelli Stefano e Angelo Fontana avevano utilizzato le attività di Ferdico per ripulire 400 milioni di lire. Il nome dell’imprenditore compariva pure in alcuni pizzini sequestrati a Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Si faceva riferimento ad assunzioni e pagamenti. Tutte accuse bollate come generiche e non riscontrabili dalla difesa. Ferdico si è sempre definito una vittima della mafia e costretto a pagare il pizzo.
I legali di Ferdico, gli avvocati Roberto Tricoli e Luigi Miceli, hanno sempre sostenuto che “l’imprenditore sta subendo un danno imprenditoriale e personale, nonostante la Procura della Repubblica di Palermo si sia determinata ad avanzare più richieste di archiviazione, all’esito di una attenta e vastissima indagine che ha scandagliato l’intera attività commerciale esercitata dalle aziende di Ferdico”.
Al termine delle indagini i pubblici ministeri hanno scritto che “l’accertata esistenza di rapporti di collusione e di complicità con soggetti inseriti o gravitanti nell’organizzazione mafiosa non appare sufficiente per ritenere provato il suo organico inserimento all’interno dell’organizzazione stessa”. Ecco perché la Procura ha chiesto nei mesi scorsi, e per la terza volta, l’archiviazione nei confronti di Ferdico Il capitolo più spinoso dell’inchiesta riguarda le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Nel novembre del 2011 Francesco Onorato, un tempo affiliato alla famiglia mafiosa di Partanna Mondello, ha ricostruito i rapporti di Benedetto Marciante, mafioso di Resuttana, con i clan Galatolo e Madonia. Ha messo a verbale che “le maggiori fortune Marciante le aveva fatte attraverso la trasformazione industriale delle liscivia da cui ricavava il detersivo che poi metteva in commercio utilizzando falsi noti marchi. In questa attività erano investiti i soldi dei Madonia e dei Galatolo. Per la commercializzazione Marciante si avvaleva di diversi imprenditori, tra i quali ricordo un certo Ferdico. Avevano un rapporto molto intimo ma non sono in grado di riferire con precisione se fossero soci, né se gestissero affari in comune”. Ed ancora: “Conosco Angelo Galatolo, figlio di Gaetano, persona inserita nella famiglia dell’Acquasanta, anche se non uomo d’onore, che operava nel settore della commercializzazione di carta e sacchetti. Galatolo mi aveva più volte parlato di avere instaurato un stretto rapporto con Ferdico senza riferimenti su quali fossero i loro interessi in comune”. Onorato ha pure aggiunto di avere saputo che dietro le attività del padre di Ferdico c’erano i soldi dei mafiosi di Santa Maria del Gesù. Sulle dichiarazioni di Onorato i pm nella richiesta di archiviazione scrivono che “non consentono di pervenire ad un accertamento specifico in ordine al rapporto fra Ferdico e i Galatolo”.
Quando si è pentito Marcello Trapani, ex avvocato dei Lo Piccolo, gli investigatori sono andati a chiedergli anche notizie su Ferdico. E l’ex penalista ha raccontato che l’imprenditore aveva assunto il figlio di Salvatore Puccio, cognato di Salvatore Lo Piccolo: “Ferdico non aveva esitato a mettersi a disposizione. Puccio mi diceva che Ferdico sapeva quello che doveva fare”. In effetti il figlio di Puccio, tra l’ottobre e il dicembre del 2003, ha lavorato per Ferdico, “tuttavia a tale accertamento non può attribuirsi, almeno allo stato – scrivono i pubblici ministeri nella richiesta di archiviazione – un riscontro convalidante di un intervento dei Lo Piccolo”.
L’ultimo pentito ad essere stato interrogato è stato Marco Favaloro, un tempo uomo di fiducia dei Galatolo e dei Madonia. La sua è stata una testimonianza chiave. Su Favoloro i pentiti Angelo Fontana e Francesco Onorato, infatti, non avevano avuto dubbi: “Ha rapporti stretti con Ferdico”. Eppure Favoloro ha spiegato che il nome “nulla mi dice, non lo conosco”. E quando gli hanno mostrato la foto del re dei detersivi ha aggiunto: “Mi sembra un viso conosciuto, ma di certo non ho mai avuto a a che fare con questa persona. Non ho motivo per non dire la verità, non capisco come Onorato e Fontana possano avere dichiarato che lo conosco”.
Dichiarazioni spesso divergenti. A volte circostanziate, altre troppo generiche. Da qui la decisione del Tribunale per le misure di prevenzione di ascoltare tutti i collaboratori.