PALERMO – Poche settimane prima che il suo cuore si fermasse era stata visitata da due medici. Gli stessi che si trovano sul registro degli indagati per la sua morte, ancora avvolta nel mistero. A distanza di quasi due anni dalla tragedia, non è ancora chiaro cosa abbia provocato il malore che ha stroncato Giusy Ranucci, trovata senza vita nel suo letto nel 2014. Furono i suoi genitori a lanciare l’allarme dall’appartamento di Partanna Mondello, dove la giovane era tornata dopo un periodo trascorso nelle Marche, la regione in cui aveva lavorato come modella.
Non aveva mai avuto problemi di salute, ma in quel periodo aveva cominciato ad accusare strani sintomi: battiti del cuore particolarmente rallentati e dolori al petto. Per questo si era recata al pronto soccorso di Villa Sofia. Era molto preoccupata, ma un farmaco prescritto dal medico dell’ospedale sembrava aver migliorato la situazione. Poi il consulto con un cardiologo, dopo il quale avrebbe dovuto effettuare un’altra visita specialistica, prevista per il gennaio successivo. Una data che non è mai arrivata per la giovane modella palermitana, morta nel sonno nella notte tra il 21 e il 22 novembre. Quella mattina ai sanitari del 118 non rimase che accertare il decesso.
E da allora, la famiglia di Giusy, è col fiato sospeso. Tutti coloro che conoscevano la ex miss Fano non sanno ancora cosa ci sia alla base della morte della ragazza. Un mistero che non ha trovato risposta nemmeno tramite l’autopsia, che ha accertato la morte improvvisa provocata da un problema cardiaco che però, non sarebbe stato diagnosticato. Di conseguenza i familiari hanno sospettato, sin dall’inizio, che le visite a cui la ragazza si era sottoposta non fossero state eseguite ad hoc. I due medici, uno dell’ospedale Villa Sofia, l’altro dell’Asp, sono indagati per omicidio colposo. “Ad oggi – spiega l’avvocato della famiglia di Giusy Ranucci, Francesco Pietro Curci – ci sono aspetti poco chiari sul decesso della ragazza. Per questo vogliamo accertare se la condotta adottata durante i controlli abbia rispettato i protocolli e capire se era stata diagnosticata correttamente una eventuale patologia cardiaca”.
“Ma nulla ci restituirà la nostra piccola – dice la zia della ragazza, Giusy Petroncelli. Ci battiamo perché è giusto sapere se quello che è successo si poteva evitare e per fare in modo che non accada ad altre persone. Ogni giorno conviviamo con un dolore immenso, con mille domande e dubbi. Ciò nonostante il ricordo di mia nipote e il suo sorriso ci danno forza. La stessa che abbiamo dovuto tirare fuori negli ultimi giorni: il 28 settembre scorso doveva sposarsi col suo fidanzato, un sogno che stava per realizzarsi, ma che è andato terribilmente in fumo”.