PALERMO – Assessori agli sgoccioli della legislatura. Gruppi parlamentari last minute. E le istituzioni utilizzate come scendiletto dei politici. Come strumenti al servizio non della collettività, ma dei partiti, delle ambizioni personali, delle necessità di chi gestisce il potere.
Si sono per tanto tempo beccati e attaccati. Oggi si trovano a condividere la stessa avventura, dentro il cosiddetto ‘campo largo’ del centrosinistra. Rosario Crocetta e Leoluca Orlando, in questi giorni, si sono incontrati anche sulla strada della spregiudicatezza. Delle “mosse” che non violano, ma aggirano la legge, ne lambiscono i limiti, andando ben oltre, però, in molti casi, quelli del buon senso.
L’assessore “elettorale”
Chi, infatti, potrà mai credere che – al di là delle competenze personali e professionali – il neo assessore Aurora Notarianni possa cambiare il volto del Beni culturali in Sicilia? Chi davvero potrà mai pensare che un nuovo componente della giunta, nominato a 45 giorni dal voto, possa davvero fare qualcosa di utile per i siciliani? E i motivi, come detto, vanno al di là della persona nominata – se si esclude ovviamente la valutazione, che ciascuno potrà fare, sulla scelta di ‘prestarsi’ a questa operazione – e invadono il campo della prassi, dei fatti. Basti pensare al tempo che servirà a un assessore senza precedenti esperienze di questo tipo, per entrare “in possesso” di quell’assessorato, di conoscere i dirigenti, di nominare i nuovi uffici di staff. E forse proprio quest’ultimo fatto inizia a svelare il possibile senso dell’operazione-Notarianni. Una mossa finalizzata alla campagna elettorale, come del resto candidamente ammesso dallo stesso Crocetta nella lettera con la quale ha accompagnato alla porta il predecessore della Notarianni, Carlo Vermiglio: “Gli assessori devono impegnarsi per la coalizione”. Non a caso l’avvocato tributarista è da anni vicina al Megafono e fu vicina alla candidatura a sindaco di Messina. Una candidatura poi svanita nel nulla, tra le polemiche della stessa Notarianni che al giornale “Tempostretto.it” pochi anni fa si rammaricava: “Non puoi dire che vuoi cambiare tutto, fare la rivoluzione e poi usare certi metodi”.
Adesso anche lei è una delle cinquanta facce della rivoluzione fallita. Ma quella nomina, per nulla necessaria – Crocetta avrebbe potuto tenere per sé la delega, come fece in tante occasioni, ad esempio per giorni dopo l’addio di Lucia Borsellino o dopo le dimissioni di Gianluca Micciché – si scontra con un altro fatto assai “reale”. Due giorni fa si è infatti chiusa l’attività dell’Ars per questa legislatura. Il governo, quindi, non potrà portare in parlamento nessuna proposta di legge – ammesso che abbia il tempo per prepararne una – nemmeno nel settore dei Beni culturali. Ma c’è di più. Come confermano gli uffici dell’Ars, sia il parlamento che il governo, entrano in un periodo che le giurisprudenza della Corte costituzionale ha più volte descritto, sostanzialmente, come una fase pre-elettorale. Nel corso della quale, quindi, anche l’esecutivo dovrà limitarsi ad attività di ordinaria amministrazione. Cosa resta da fare quindi all’assessore neo arrivata? Semplice: mettere la firma su decreti il cui iter è già stato avviato, assumendosi magari il merito politico di finanziamenti e contributi. Rischiando di dare l’impressione che l’attività del governo sia stata “piegata” agli interessi di una parte.
Le poltrone del sottogoverno
Alla faccia della “fase pre-elettorale”. Ma del resto, negli ultimi giorni l’attività (si fa per dire…) delle istituzioni siciliane è state tutta un gioco condotto a ridosso dei confini della legge, e ben oltre quelli della logica. Dopo aver sonnecchiato per cinque anni, infatti, le giunte di Crocetta hanno trovato nuovo impulso e una attività pirotecnica solo negli ultimi giorni. Il presidente, infatti, si è guardato bene dal firmare il decreto di convocazione dei comizi elettorali prima dell’ultima data utile. Concedendosi il tempo, quindi, di operare una massiccia invasione del sottogoverno: nomine improvvise, poltrone che crescono, fedelissimi ovunque. Persino nelle società regionali, dove Crocetta ha scoperto, a 45 giorni dal voto, la necessità di nominare nuovi Consigli di amministrazione.
La resurrezione del Megafono
Il sottogoverno riempito sotto elezioni è solo uno degli esempi di come la “cosa pubblica” in questi mesi sia utilizzata, pur restando entro i limiti della legittimità (anche se qualche ombra, ad esempio su nomine di presidenti di enti regionali si allunga già, dopo qualche pronuncia dei tribunali amministrativi), per oliare i cardini del consenso. Ma oltre alla giunta, trasformata in un comitato elettorale, ecco anche il Parlamento piegarsi alle esigenze della Campagna per le regionali. All’ultima seduta della legislatura, deputati spesso assenti o poco prolifici, si sono resi protagonisti di un valzer clamoroso: in tanti hanno cambiato casacca all’ultimo minuto per favorire, anche, il battessimo del nuovo gruppo Udc, la “resurrezione” del gruppo del Megafono e la nascita del gruppo “Arcipelago”. Manovre che hanno – lo ammettono candidamente gli stessi parlamentari – solo un obiettivo: quello di aggirare i vincoli fissati dalla legge elettorale, che “obbliga” le liste che vogliano correre per le prossime Regionali, a raccogliere le firme. E così, persino il governatore uscente, che da solo, stando alle sue parole, rappresenterebbe percentuali da vittoria e verso il quale i siciliani dovrebbero manifestare persino un senso di gratitudine, decide che è meglio non correre quel rischio: quello di mettere insieme poche migliaia di sottoscrizioni a sostegno del suo movimento.
Il gruppo “fasullo” di Orlando
Ma come Crocetta, ha fatto Orlando. Anzi, il sindaco ha fatto di più e sotto certi aspetti, peggio. Perché quantomeno, alcuni deputati nel 2012 sono effettivamente arrivati all’Ars grazie al “Megafono”, prima di abbandonarlo. E in fondo, Crocetta di quel gruppo faceva parte, prima che il Pd, lo stesso che ha dato il via alla resurrezione del Megafono mettendo a disposizione persino volenterosi deputati, lo obbligasse a lasciarlo. Il movimento del sindaco, invece, denominato “Arcipelago Sicilia”, a Palazzo dei Normanni non è rappresentato da nessuno. Nessuno è stato eletto grazie a liste che nel 2012 facevano capo a Orlando. Insomma, il primo cittadino palermitano, con la sola elezione alla guida del Comune, è finito di diritto al vertice dell’ex Provincia, ha messo piede a Sala d’Ercole e ha anche scelto il candidato alla presidenza. Una onnipotenza che, forse, non si traduce in altrettanto consenso per la Sicilia, se anche lui, come Crocetta, ha preferito “aggirare” i vincoli di legge. E di creare all’Ars, per pochi giorni, un gruppo parlamentare fasullo. Come se tra i compiti del Parlamento ci fosse anche quello di fare un “favore” al sindaco.