PALERMO – Qualcuno ancora spera che quel “no” sia solo un “ni”. Che Piero Grasso, insomma, possa ancora accettare la proposta di candidatura alla presidenza della Regione siciliana. E i big nazionali del Pd ci starebbero anche provando.
E così, il Pd è appeso ad alcuni incisi della nota con cui la seconda carica dello Stato ha declinato l’invito avanzato anche in prima persona dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando. C’è, insomma quel “finché necessario” che Grasso ha legato alla sua permanenza nel ruolo di presidente del Senato; c’è quel “delicato momento della legislatura” e quei riferimenti a legge elettorale e legge di bilancio, attività che consiglierebbero a Grasso di continuare a dare il suo contributo da Palazzo Madama; e c’è un “per ora” espresso in occasione di una uscita pubblica. Insomma, qualcuno sussurra che una veloce risoluzione della vicenda legata alla legge elettorale potrebbe riportare Grasso sui suoi passi. E così, la scelta al momento sembra quella di attendere, in attesa che i partiti facciano trovare il terreno fertile per una sua eventuale discesa in campo.
“Al momento – dice però il segretario regionale del Pd Fausto Raciti – non possiamo che prendere atto di quel ‘no’ e lavorare puntando agli obiettivi fissati dall’ultima direzione regionale del partito”. Ossia la costruzione di un “campo più ampio possibile che comprenda moderati e liste civiche”. Quel “modello Orlando” più volte vagheggiato, insomma. Ma per unire forze così lontane, serve un nome in grado di mettere tutti d’accordo. Così nasceva l’ipotesi Grasso. E anche per questo motivo il Partito democratico ha deciso di non prendere in considerazione, al momento, l’ipotesi primarie chieste invece a gran voce nelle settimane scorse dal sottosegretario Davide Faraone. Per il vicepresidente dell’Ars Giuseppe Lupo, in questo momento “è importante tenere insieme la coalizione, e lavorare magari a ‘primarie delle idee’, coinvolgendo i mondi dell’associazionismo, dell’impresa, della società civile. Pensare già a un ‘piano B’ è prematuro”.
Anche perché un altro nome non c’è. E il piano “B” del Partito democratico è al momento solo un “piano boh”. Si naviga a vista, quindi. E non si esclude nessuna ipotesi. Nemmeno quella, ad esempio, del “Papa straniero”, di un nome tirato fuori dalla cosiddetta società civile, estraneo quindi ai partiti tradizionali. E non è scartata nemmeno l’idea di puntare su un candidato che venga fuori dai partiti di centro. Non a caso, già durante la direzione del Partito democratico, il segretario Raciti aveva più volte usato la parola “generosità”. E lo fa anche oggi: “Bisogna confrontarsi con tutti, ed è il lavoro che io sto svolgendo, puntando su ciò che ci accomuna. E in questo senso il Pd deve dimostrare, se serve, anche di essere generoso”. Di sicuro, per Raciti bisognerà “mettere insieme una proposta che superi il quadro politico attuale”.
Parole che sembrano spegnere gli ardori del governatore uscente. Crocetta infatti si è subito riproposto, dopo la notizia del “no” di Grasso: “Ho lavorato bene”. Ma l’auto ri-candidatura del presidente della Regione è stata accolta con freddezza un po’ in ogni angolo della coalizione. “Dopo la rinuncia del presidente del Senato Pietro Grasso alla candidatura a Presidente della Regione – ha detto il renziano presidente del Pd Giuseppe Bruno – occorre avviare un percorso di assoluta discontinuità con il passato per dar vita ad un progetto che garantisca la crescita della Sicilia. Un progetto nuovo, aperto a tutte le forze moderate e progressiste, che raccolga ampio consenso su questi valori”.
Anche Leoluca Orlando ha chiesto che si lavori a un progetto “in discontinuità chiara e concreta con l’attuale assetto regionale”. Senza contare i moderati che, nel caso dei Centristi di D’Alia hanno addirittura deciso di lasciare il governo regionale. Tutti d’accordo, insomma, sulla necessità di “dimenticare Crocetta”. Manca tutto il resto. Un piano “B” dopo il no di Grasso. Che qualcuno spera ancora fosse solo un “ni”.