Tu non hai mai visitato Palermo, vero? Se verrai nella mia città non mostrarti servile, per compiacerla. Palermo sa essere malvagia, ma odia la stupidità. Anche se è molto cambiata in questi ultimi anni, è inutile negarlo. Le sue espressioni più intelligenti le trovi in angoli nascosti. I pochi artigiani rimasti. Gli imprenditori che inventano mille modi per andare avanti e ottenere dalle banche il credito che a tanti altri viene dato senza difficoltà. Per quelli che non pagano il pizzo le cose sono più difficili che per gli altri. Lo diceva già Libero Grassi. Libero era intelligente. Amava definirsi un mercante, ma era anche un uomo di cultura. Lo hanno ammazzato perché non pagava e non rinunciava a parlare. La mafia uccide chi resta solo, ma questa è solo una parte della verità. La mafia uccide gli uomini migliori.
Poi ci sono i giovani che non se ne vanno e creano occasioni di lavoro, con fatica e tenacia. Come Rosy e i suoi amici, che fanno base a Santa Chiara, nel cuore dell’Albergheria. Hanno inventato un progetto: “Palermo vista dall’alto”. E hanno fatto una cooperativa, terradamare. La diocesi li ha appoggiati e i preti, alcuni, hanno aperto le chiese. E i turisti iniziano ad arrivare. Ammirano gli altari, gli affreschi, le decorazioni, poi vengono accompagnati a guardare Palermo secondo un’ottica diversa. È bella Palermo vista dall’alto. Puoi ignorare la munnizza. I colori si trattengono sulle case e sugli uomini. E ti sembra che quando scenderai tutto sarà diverso. Migliore. Magari è un’ illusione, ma fa bene. Palermo è incline al dolore quanto alla bellezza.
Percorri il mercato del Capo, attraversando il centro storico. I suoni e i colori non sono molto cambiati dai tempi degli arabi. Poi entri nella chiesa dell’Immacolata Concezione e vieni stordito da tutta la meraviglia del barocco. Al Capo la droga si vende a cielo aperto, ma trovi anche i bambini più belli del mondo. Hanno facce allegre e disperate. Molti smettono presto di andare a scuola. Le ragazzine, spesso, fanno ancora oggi la fuitina. Vanno via da casa piccolissime, prima del matrimonio. Magari le famiglie non possono permettersi di pagar loro una festa di matrimonio come si deve e piuttosto che rimandare i ragazzi decidono di forzare la mano e scappare. Passano una notte fuori, poi vanno a vivere insieme. I genitori perdoneranno entrambi e la nuova famiglia sarà formata. Dicono che sia un gioco delle parti e magari è vero. Ma il risultato è comunque drammatico: una ragazzina appena adolescente che diviene madre, un ragazzo che diventa padre senza saper nulla della paternità, una vita che nasce in un vuoto spaventoso di valori e di cultura. Ci ho riso sopra anch’io, qualche volta, ma negare l’educazione a chi è povero non è la peggiore forma di razzismo? La cultura cambia il destino.
Un gruppo di adolescenti del Capo è cresciuto alla Scuola della Pace della Comunità di Sant’Egidio. Hanno imparato che c’è un modo diverso di stare insieme tra ragazzi e ragazze. E che è bello aiutare qualcun altro, anche se non si hanno tanti soldi. La domenica organizzano delle feste per degli anziani che vanno a trovare in istituto. C’è chi definisce buonismo quello che è semplicemente bene. Qualcuno ha definito il bene ciò che non può essere rinchiuso in un io. Nella mia città il mare si sottrae agli sguardi, ma vicino il mare puoi incontrare i tesori più belli. Mohammed ama gli spazi aperti. È iraniano ma vive a Palermo da decenni. È un senza fissa dimora. Un clochard. Ed è una delle persone più allegre che conosca. Quando è triste beve, come chiunque stia per strada. Cerca di convincere i ragazzi che incontra ogni giorno a non bucarsi. Parla con loro. Li aspetta la notte, o li va a cercare. Mohammed è come un ragazzo che ha attraversato la senilità.
La mia città è cambiata, è inutile negarlo, anche se per pigrizia la pensiamo sempre uguale. È diversa e plurale. La mia città è Libero, è Rosy, è Mohammed.