"Ho dovuto portare mia figlia via da Palermo per salvarla"

“Ho dovuto portare mia figlia via da Palermo per salvarla”

L'abisso della droga e delle dipendenze. Il racconto di una mamma. Il tavolo del Comune.
LA TESTIMONIANZA
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“Buongiorno, sono la mamma di una ragazza palermitana coetanea di Giulio e Diego. Siamo passati anche noi da un calvario fatto di sostanze (non crack) , alcool, fughe da casa e disperazione. Abbiamo chiesto aiuto, denunciato le fughe, ci siamo rivolti al Tribunale dei minori… Ma Palermo ha tempi biblici, poca volontà, e zero posti dove aiutare ragazzi in difficoltà che però hanno la ‘fortuna’ di avere famiglie normali alle spalle”.

Così scrive una madre che ci ha contattato su Facebook e che proteggiamo con la privacy. Un messaggio importante, accorato e con un fondo di speranza, nonostante tutto. Stiamo raccontando le storie dei ragazzi di Palermo, e delle loro famiglie, nell’abisso delle dipendenze. Giulio Zavatteri, ucciso da un’overdose, a diciannove anni. Diego Mancuso, precipitato anche lui nell’imbuto del crack, amico di Giulio, morto pochi mesi dopo. E adesso la testimonianza di una mamma.

“Io mi ero data un termine, una data sul calendario, e quando quel giorno è arrivato, ho smesso di aspettare le istituzioni e ho investito i nostri soldi, parecchi, per portare via mia figlia e inserirla in una comunità come dicevo io – racconta -. La storia è lunga, la distanza da Palermo parecchia, ma mia figlia adesso è ancora qui con noi. In un’altra città, ormai da cinque anni, dove tutta la famiglia si è trasferita, per ricominciare tutto e starle più vicina. Torniamo ogni tanto a Palermo ed io ritorno in una città che non riconosco più come mia. Una città allo sbando, piena di gente allo sbando”.

Ed ecco la speranza, l’impegno: “Ma bisogna comunque aiutare questi ragazzi, e quelle famiglie che come me vagano nella nebbia delle istituzioni, che non trovano controparti attendibili, che non ricevono mai indicazioni adeguate ai loro bisogni. Io ho fatto scelte difficili e impopolari, ho perso tanto, sono stata fortunata perché ho potuto permettermi il lusso di andar via e investire dei soldi per tentare di salvare mia figlia… Oggi non potrei più rifarlo daccapo. Ma non è questo il modo giusto di salvare i ragazzi. Dovrebbero poter essere salvati tutti, principalmente dall’indifferenza di troppi”.

Qualcosa, forse, si sta muovendo. Il Comune vuole scendere in campo. Il papà di Giulio, Francesco Zavatteri, sta tentando l’impossibile per aprire una casa d’accoglienza, vicino alla piazza di spaccio di Ballarò (foto d’archivio): ci sarà anche lui, ai primi di aprile, nel tavolo convocato dall’assessore alle Attività sociali, Rosi Pennino. Lara e Antonio, i genitori di Diego, sostengono una giusta battaglia. Ma bisogna sbrigarsi. Ci sono madri e padri che hanno il diritto di salvare i loro figli e di farlo a Palermo. Prima che sia tardi. (rp)


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