CATANIA – Cinque pentiti in un solo anno. Il clan Cappello-Bonaccorsi da mesi cerca di correre ai ripari. Le rivelazioni dei collaboratori di giustizia hanno blindato una serie di processi e hanno fornito input investigativi per serrare inchieste già aperte sulla cosca che ha come centri di potere via Poulet a San Cristoforo (U Passareddu per i catanesi, ndr), San Berillo Nuovo e Monte Po. Una mappa criminale che si può delineare leggendo centinaia di pagine di verbali che stanno preoccupando boss in carcere e soprattutto chi è tornato in libertà, anche da poco tempo. Il rischio è di ritrovarsi di nuovo dietro le sbarre.
Chi sono i pentiti che stanno provocando ansie tra gli affiliati del clan Cappello? Concetto Bonaccorsi, il figlio Salvuccio, Francesco Di Mauro, boss di Monte Po a cui il mensile S ha dedicato uno speciale, Carmelo Di Mauro, detto U Ciociu, e Sebastiano Sardo, conosciuto come ‘Occhiolino’ o ‘U Sceicco’.
Partiamo dal padrino dei Carateddi, la frangia armata del clan Cappello. Concetto Bonaccorsi firma il suo primo verbale da collaboratore di giustizia alla fine di giugno 2017. Una scelta che ha scosso la famiglia Bonaccorsi. Chi è rimasto a Catania ha ben chiarito al quartiere – anche attraverso i social – che prende le distanze da chi “ha tradito la famiglia”. Il fratello di Ignazio Bonaccorsi, capo bastone che ha permesso la storica alleanza con il boss al 41bis Turi Cappello, conosce i segreti, ormai sepolti, della mafia catanese. Le sue parole potrebbero riaprire casi rimasti nel cassetto per mancanza di prove. Quello che è accaduto a Catania infatti gli è stato raccontato attraverso i colloqui in carcere e i permessi premio. Alla fine del 2016 Concetto Bonaccorsi non torna al carcere di Secondigliano in Campania e scappa con la moglie in Toscana. Una sorta di vacanza con la consorte. Ma in quei mesi di latitanza Concetto Bonaccorsi torna a Catania, anche perché a gennaio il clan perde potere criminale dopo gli arresti del blitz Penelope. Un cognome come il suo può permettere alla cosca di rafforzare le fila e il controllo criminale. Nel programma di protezione entra anche il figlio Salvuccio: i suoi verbali sono quelli che più inguaiano boss e soldati che operano sotto l’effige del clan Cappello-Bonaccorsi. Conosce le nuove milizie. Leggendo le sue confessioni si possono ritrovare nomi ancora sconosciuti agli inquirenti. A giugno 2017 si pente anche Sebastiano Sardo, narcotrafficante catanese che ha contatti con diversi clan perché grazie ai suoi contatti con Napoli e le ‘ndrine calabresi riesce a portare grossi carichi di droga.
Poco dopo il maxi blitz Penelope, gennaio 2017, che si pente Carmelo Di Mauro, uomo del gruppo di spaccio di Massimiliano Salvo U Carruzzeri – secondo gli investigatori – il referente in città del clan Cappello. Le sue parole sono entrate di prepotenza nel processo Penelope. Il pentito svela nomi e cognomi e traccia un preciso organigramma di potere del clan. Una manciata di settimane fa ha deciso di collaborare con la magistratura il boss di Monte Po Francesco Di Mauro, uomo della famiglia Strano (cognato di uno dei fratelli). È finito in manette dopo un periodo di latitanza: ha deciso di nascondersi dopo la condanna a 20 anni in primo grado nel processo Revenge 5. “Ho deciso di cambiare vita”, ha detto prima di vuotare il sacco. Un’altra onta nella cosca Cappello. E pensare che alla fine dello scorso decennio il clan stavano tentando la scalata del potere nella mafia catanese: con migrazioni di uomini d’onore del clan Santapaola e omicidi eccellenti.