PALERMO- (di Alfredo Pecoraro ANSA) – Scoppia subito la polemica sulla gestione della riserva di Macalube di Aragona (Ag) con la collina dei vulcanelli che si è “ribaltata” sotto la pressione del gas, sommergendo di fango e uccidendo due fratellini di 7 e 10 anni gettando nella disperazione il padre, sopravvissuto all’eruzione, e la madre. Da un lato Legambiente Sicilia, che si occupa dell’area da 18 anni, dall’altro la Regione siciliana, che ogni anno versa all’associazione fondi per la gestione di sei riserve. Era evitabile la tragedia? L’area era in sicurezza? Chi controllava e come? Sono gli interrogativi che ribalzano da un palazzo all’altro, nella ricerca di eventuali responsabilità, che saranno comunque accertate dalla Procura di Agrigento che ha aperto un’inchiesta.
Pur essendo una collina millenaria, il fenomeno dei vulcanelli, ammette Legambiente, non è mai stato monitorato: nell’area non esistono centraline di osservazione, i controlli sono affidati all’occhio di alcuni “esperti”. Il direttore della riserva Mimmo Fontana, che è anche responsabile di Legambiente nell’isola, punta il dito verso i palazzi della Regione, che “non ha mai finanziato i nostri progetti per l’istallazione di impianti di controllo per mancanza di fondi”. Accuse respinte con veemenza dal governatore Rosario Crocetta, che ha stabilito di istituire una commissione d’inchiesta sulla gestione della riserva. “Gli ispettori dovranno verificare la presenza di misure di sicurezza”, avverte.
Gli incarichi saranno affidati lunedì prossimo. Intanto ha ordinato alla Protezione civile e al dipartimento Ambiente di sospendere immediatamente gli accessi nell’area. “Il fenomeno dei vulcanelli attira la curiosità dei turisti, ma la priorità è sempre la sicurezza dei cittadini: vogliamo capire se questa sicurezza è stata garantita fino ad oggi da chi ha gestito la riserva”, aggiunge. Il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, gli ribatte: “Non è il momento delle polemiche e della ricerca forzosa di colpevoli a tutti i costi”. Per Cogliati Dezza “il problema vero riguarda il governo regionale della Sicilia, prima di Crocetta, con una progressiva riduzione di risorse per le riserve siciliane”. Ci sono inoltre ”difficoltà a fare previsioni in quella particolare riserva: è come se andando in montagna si volesse prevedere la caduta di massi da una parete di roccia. Non sono fattori prevedibili”. Dal dipartimento Ambiente della Regione però arrivano subito le puntualizzazioni.
“L’area in cui è avvenuto la tragedia fa parte della riserva, ma non è demaniale in quanto acquisita da Legambiente nell’ambito di un programma Life”. Non solo. Il dirigente generale, Gaetano Gullo, è perentorio: “Per quanto riguarda le centraline di monitoraggio, la Regione assegna dei fondi per le riserve, Legambiente ne gestisce sei e se le riteneva necessarie poteva comprarle con quei finanziamenti”. E insiste: “Le accuse alla Regione sono assolutamente fuori luogo, è uno scaricabarile stupido: i vulcanelli non hanno mai rappresentato un problema e quanto accaduto non era prevedibile, ma è ingiusto scaricare responsabilità, ognuno si assuma le proprie”. Per le gestione della riserva di Macalube, Legambiente riceverebbe circa 100 mila euro all’anno. Un dato ufficioso. Ufficiale, invece, è che a occuparsi dell’area sono tre operatori, personale di Legambiente. Nessuno geologo, “tuttavia – assicura Fontana – si tratta di personale che ha maturato esperienza sul campo e che è in grado di osservare le tracce del fenomeno di vulcanesimo”. Qualche avvisaglia si era avuta lo scorso agosto. Alcune fratture e altri segnali visibili sul terreno indussero Legambiente a interdire l’area per 15 giorni. “Abbiamo sospeso gli ingressi mettendo dei cartelli, anche se non possiamo impedire l’accesso, perché parliamo di una riserva pubblica: noi facciamo da guida a chi lo richiede”.
(Fonte ANSA)