I frutti dell'odio | in un Paese avvelenato - Live Sicilia

I frutti dell’odio | in un Paese avvelenato

I criminali vanno chiamati col loro nome. Il ragionamento unica arma contro fascisti di ogni colore

Il pestaggio criminale di un militante di Forza Nuova avvenuto ieri sera a Palermo ad opera, a quanto si apprende, di una squadraccia di almeno sei persone, è più che un campanello d’allarme. I campanelli suonano da un pezzo, infatti, e gli allarmi, forse sottovalutati, si susseguono da quel dì. L’atto criminale di squadrismo che ha avuto luogo ieri in pieno centro città è un episodio di una gravità preoccupante. Che richiama alla memoria tempi oscuri della Repubblica, anni di faide e violenza cieca e senza fine, costati al nostro Paese sangue, lutti e ferite difficili da rimarginare.

Il clima di odio che avvelena ormai da anni l’Italia, quell’odio che quotidianamente circola copioso sui social network tanto per capirsi, sta portando a maturazione i suoi frutti. Così come le derive fasciste e razziste a cui si assiste ormai da troppo tempo in Italia. E come già accaduto, come sempre accade, al fascismo nero si contrappongono altri fascismi, altri squadrismi, di un sedicente colore diverso, ma affascinati dagli stessi metodi violenti e criminali.

È il momento di schierarsi. Senza ambiguità pilatesche. Chiamando i criminali con il loro nome. Avversando con la cultura e il pensiero le idee fascistoidi di gruppuscoli che per certi aspetti si muovono ai margini della Costituzione, si chiamino Forza Nuova o Casa Pound. E isolando e condannando con fermezza quanti si contrappongono ai latori di quelle idee con la violenza fisica.

Il fenomeno è oggi forse ancora numericamente marginale, malgrado gli episodi siano fragorosi e inquietanti. E va fermato sul nascere. Per farlo, però, è indispensabile depurare il contesto sociale dalle tossine di odio e violenza verbale che lo avvelenano. Senza buffetti ai “compagni che sbagliano” – i criminali si chiamano criminali – ma anche con fermezza verso i predicatori d’odio e verso coloro che su quell’odio lucrano consenso politico. Occorre interrompere la spirale di violenza, prima che fisica verbale e sforzarsi di tornare alla faticosa e meno immediata arte del ragionamento. Mettendo al bando la brutalità verbale che è diventata il vangelo della comunicazione politica di questo Paese, infettando tutti o quasi.

Un esempio, per chiarire il punto. Le uscite di Matteo Salvini, la sua strategia comunicativa, i suoi ammiccamenti più o meno obliqui a un certo mondo, sono qualcosa che nei Paesi europei costano l’isolamento politico da parte di popolari, moderati e liberali di centrodestra. In Italia, invece, i sedicenti popolari, moderati e liberali si presentano alleati alle elezioni con quel tipo di forze politiche. Che gli intellettuali denuncino questa anomalia tutta italiana – pochi, ben pochi lo dicono ad alta voce – è lecito e forse doveroso. Che twittino dando del “mandante morale” a Salvini se uno squinternato fascistoide spara per razzismo a delle persone inermi, invece può gettare benzina sul fuoco rischiando involontariamente di suggestionare altri svitati potenzialmente violenti pronti a percorrere il criminale percorso inverso. È ora di rendersene conto. E di assumersi insieme la responsabilità di disinnescare un percorso che può spalancare le porte agli orribili spettri di un passato da non dimenticare.


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