I funerali e la commozione: Palermo abbraccia Mario Pupella

I funerali e la commozione: Palermo abbraccia Mario Pupella

Chiesa stracolma per l'addio.
LE ESEQUIE DEL GRANDE ATTORE
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Palermo abbraccia Mario Pupella, nel giorno dei suoi funerali. Lo abbraccia con le mani che accarezzano la bara di un magnifico teatrante che era un uomo buono e generoso. Lo abbraccia, per interposti figli, come se volesse colmare il vuoto. Lo abbraccia nelle parole commosse di don Felice Lupo, il sacerdote che, nella chiesa di Sant’Eugenio, celebra le esequie. Il dolore è ovvio e palpabile, ma ha il controcanto della serenità. Sembra di stare a Itaca, molti anni dopo il ritorno di Ulisse, senza più guerre, né spade sguainate, mentre ci si prepara a raccontare tutto, alla luce del tempo che ha donato capelli bianchi e saggezza. Pare di stare in una casa, col focolare e l’affetto che riscalda gli angoli più freddi.

Mario somigliava a Ulisse, non per la fraudolenta furbizia. Non ci sono mai stati inganni inferti nella sua vita specchiata e limpida di gentiluomo. Gli somigliava fisicamente – per l’idea che ci siamo fatti, a scuola, leggendo l’Odissea e immaginando il resto – specialmente quando si concedeva la sua bellissima barba candida. Un ‘Ulisse coperto di sale’. Gli somigliava nel sentimento e nell’idea del viaggio, nella curiosità, nella febbrile ricerca di qualcosa, nell’invenzione di una rotta, nella felicità infantile della scoperta. Adesso, tutta Palermo lo abbraccia. Come se fosse Itaca accorsa per il ritorno del suo re, una volta che si era sparsa la notizia che era tornato.

Siamo a piazza Europa, luogo di memorie e di giochi per tanti dei presenti che hanno vissuto il suo nido protettivo, da bambini e adolescenti. Era un paese delle meraviglie protetto dagli sguardi dei genitori, dietro i balconi, dalle bonarie sentinelle che – nel tragitto dal panificio al barbiere – curavano la felicità dei più piccoli. Ha avuto i suoi caduti, piazza Europa, ma si è sempre chinata con amore su ogni lacrima. Ed è come se lo facesse ancora, nella chiesa con le navate stracolme.

“Bisogna aspettare la primavera che scuota l’inverno – dice padre Felice -. Viviamo una nostalgia che è gratitudine e benedizione. Mario ha raggiunto il traguardo”. Parlano le figlie di Mario, Lavinia e Daniela: “Papà, guarda quanta gente, sei il nostro migliore amico”. I figli, Alessandro, Massimo e Marco, ascoltano in silenzio. Ma pure questo silenzio ha un suono supremo. Ci sono le donne e gli uomini del teatro palermitano, talentuosi quanto, talvolta, divisi. Non potevano mancare. E finiscono per abbracciarsi.

Alla fine della Messa, un applauso avvolgente saluta Mario, mentre il feretro sfila. Itaca-Palermo osserva, asciugandosi gli occhi. Le vele brillano al sole, davanti a tutto questo mare che attende. Comincia il viaggio. (Roberto Puglisi)


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